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Veneto: scuola regionale? No, italiana ed europea

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I contenuti principali della legge regionale sulla scuola, come indicato nel “Libro verde Veneto 2020”, riguarderanno la programmazione dell’offerta formativa, l’organizzazione del personale, la gestione della spesa pubblica a partire dal costo standard per studente, la certificazione delle competenze, l’importanza dei diversi luoghi di apprendimento, la valorizzazione del pluralismo culturale e didattico, la pari dignità fra sistemi e fra scuola pubblica e privata, che costituiscono un unico servizio pubblico.
Ma realizzare un progetto educativo e accompagnare la crescita professionale e umana dei giovani sarà una sfida attuabile solo se il sistema Italia crescerà tutto insieme. Il tema della identità è un riferimento culturale fondamentale da coltivare unitamente alla capacità di guardare al futuro come cittadini italiani ed europei.
Nel Veneto, il consolidato rapporto fra istruzione, formazione professionale, mondo economico e territorio ha già portato a raggiungere risultati di eccellenza rispetto ai traguardi fissati dagli obiettivi di Lisbona. Per questo è difficile digerire i tagli agli organici di personale docente, che negli ultimi 8 anni sono diminuiti di 2.556 posti mentre gli studenti sono aumentati di 66.802 unità 1 docente in meno ogni 26 alunni in più! Dati preoccupanti evidenziati da Leopoldino Lago, organizzatore del Convegno insieme a Milena De Carlo dello Snals di Belluno.
Sono intervenuti Carmela Palumbo, direttrice dell’Usr, Marco Caccin, dirigente della Regione, il professor Alberto De Toni, presidente della Commissione sui tecnici e i professionali.
La conclusione del convegno, come sempre, è stata affidata al segretario generale Marco Paolo Nigi, che ha lanciato la proposta di un organico pluriennale per mitigare l’effetto dei tagli e consentire alle scuole di fare una seria programmazione della propria offerta formativa.
Si è discusso anche di valutazione e merito. In assenza di un istituto nazionale di valutazione, ha detto Nigi, l’anzianità di servizio continua ad essere un elemento qualificante di professionalizzazione, se pure non il solo. 
Staremo a vedere… pare che Gelmini e Brunetta la pensino diversamente.