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Visibilità di un disadattamento scolastico

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Quali le cause “visibili” dell’adolescenziale disadattamento scolastico? È proprio l’aggettivo “visibile” che ci lascia perplessi, giacché il disagio, secondo una lettura in chiave pedagogica e psicologica, è una percezione di una indisposizione del giovane dinnanzi a tutto ciò che non si adatta al suo momentaneo e funzionale disequilibrio.

Tuttavia, anche dinnanzi ad una cecità conformista, il disagio non sfugge a quel suo naturale e caotico esprimersi che lo conduce, quasi da protagonista, ad un “sentito” collettivo. Ma il disadattato scolastico, contrariamente al deviante, al bollato della società, non infrange norme giuridiche o culturali, semplicemente esprime!

Ma cosa esprimono oggi gli adolescenti in crisi? Secondo un ordine di concause, non necessariamente coesistenti, gli adolescenti, ancor più quelli che hanno imboccato la strada del  disadattamento scolastico, esprimono e convalidano, con la loro agitazione e perplessità, il persistere di vizi e debolezze di un insieme di regole che, contrariamente a quanto spesso si assiste, devono essere ferme per dare sicurezza e fugare ogni incertezza.

In secondo luogo esprimono, in presenza di uno scarso legame professionale tra i docenti che sono chiamati a sostenersi ed a sostenere il malcontento di tali alunni, da una parte quello delle loro famiglie, dall’altra il contributo di una istituzione adisciplinata che quotidianamente sembra mettere impegno a generare occasioni giovanili disastrose.
Ogni docente sa che non esistono regole per tutto e la negoziabilità delle stesse, tanto in famiglia quanto a scuola, deve essere ragionevolmente legata  ad  una invertita proporzionalità tra aumento della responsabilità e restrizione delle regole.

Così come a casa la perdita della paghetta settimanale, intesa come sanzione, è utile solo se viene stabilita prima, altrettanto valido è il ragionamento secondo cui l’autorità dello statuto della scuola e l’autorevolezza del singolo docente devono essere acquisiti sin dalle prime battute di presentazione, pena lo svuotarsi di ogni valida norma anche di quella non scritta.

Nel lento processo di formazione – educazione ogni docente ha l’obbligo e la responsabilità di stabilire, al pari di un genitore, cosa è importante e cosa non lo è, ma nel tracciare e fissare i paletti del ragionato controllo, per allentare la tensione del disagio, è necessario che all’educando siano offerti anche consigli, interessi, incoraggiamento, ma soprattutto ascolto. Ciò è senz’altro possibile se l’adolescente può contare su una classe docente  che è in grado di separare il giudizio sull’apprendimento da quello della persona, il ché non sempre viene fatto comprendere abilmente all’alunno, né tantomeno abilmente l’insegnante percepisce che è opportuno dover andare oltre quel visibile e falsato comportamento di disagio che produce inevitabilmente un giudizio negativo; ma il comportamento dell’adolescente a scuola è molto spesso espressione ed immagine di una negata gratitudine che tarda ad arrivare e che non bisogna certamente attendersi.

La scuola non deve mai pensare di aver disperso le proprie energie, l’alunno avrà modo di ricordarsi di quel sano rimprovero, così come di quei consigli ricevuti dagli insegnanti, solo da adulto, quando la sua modernità oramai compressa e quel suo ricordo da “disadattato” dovranno fare i conti con una necessaria involuzione temporale per confrontarsi con i suoi figli e con quella ingratitudine, ancora una volta,  dal mutato volto. E così, mentre  i genitori quasi impotenti, dimenticando di possedere lo scettro della disciplina, assistono ai più svariati subdoli disturbi del comportamento alimentare, giustificandoli sulla base di sempre più incerti termini del disagio evolutivo endogeno, legato alla crisi di transizione dell’età adolescenziale, mascherato da un più preoccupante disagio socio-culturale esogeno.

Tutto ciò è legato ai condizionamenti della società complessa, ove l’adolescente, in mancanza di vigorosi indicatori, è libero di incanalare disfunzioni di ogni genere che lo mettono in sintonia con il contesto culturale dei gruppi di riferimento, da quello fisicamente collocato nei Wine Bar, pub, sala giochi di tendenza, a quelli non meno ricettori di compulsività puntualmente rintracciabili anche all’interno di quelle community che accolgono personalità digitali che rapidamente stanno rendendo la rete globale sempre più locale. Infatti, le funzioni svolte dagli album globali, dai Mushup, un’applicazione in grado di aggregare dei contenuti da più sorgenti, realizzando contenuti multimediali ibridi, e dallo “status update”, ovvero  una riga di testo da compilare a piacimento o scegliendo alcune frasi chiavi, sono finalizzate  a segnalare ai membri della community i propri desideri: cosa si fa o si vuole, dove ci si trova o lo stato emotivo del momento.

Tutte funzioni di una evoluta tecnologia sempre più presenti nei social network che amplificano nell’adolescente il desiderio di privilegiare, tanto nella vita adimensionale quanto in quella reale, l’immediatezza d’uso e la conquista d’ogni cosa.

Tutti quanti desideriamo che il giovane diventi adulto, attraversando quel momento di rischio mai fine a se stesso, ma è opportuno che la scuola sappia costantemente alzare i toni del dialogo e delle sanzioni, laddove si fa più minacciosa l’insidia di un atto o comportamento offensivo o lesivo che potrebbe culminare in un cocktail di disordini e ribellioni incontrollabili, senza mai consentire, contrariamente a quanto spesso avviene ad opera di non pochi Consigli di Classe e di taluni dirigenti scolastici, la minimizzazione, per preservare il quieto vivere nei rapporti con le famiglie, di quel  rischio passato, ma sotteso in un divenire incerto.

 

Francesco Augello