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20 proposte per la scuola di domani

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Pian piano riprendiamo a vivere, riacciuffando quella normalità fatta di relazioni, prossimità e contatti fisici; ma purtroppo la cosiddetta “Fase 2” dell’emergenza Covid-19 per la scuola non è iniziata e, quest’anno scolastico, non inizierà.

Eppure soprattutto la scuola avrebbe avuto bisogno di non rimanere fuori dal ritorno alla dimensione quotidiana. Soprattutto per gli alunni under 14, dal punto di vista pedagogico, stare fisicamente in classe è fondamentale e la Didattica a Distanza è per loro meno efficace.

L’educazione è prima di tutto relazione: la distanza forzata toglie alla scuola le emozioni positive legate allo “star bene insieme” che sono un formidabile mezzo per l’apprendimento.

Usciti dall’emergenza Coronavirus, a settembre o più in là, ci ritroveremo però la scuola di sempre. I nostri alunni apprendono in ambienti e con programmi e metodi sostanzialmente simili a quelli di trent’anni fa. Mentre oggi internet, la globalizzazione e problematiche sempre più complesse chiedono un cambio di passo immediato. La scuola italiana da troppo tempo aspetta una svolta radicale capace di renderla più efficace, più equa e più credibile. Ecco 20 idee per renderla tale.

1) Riordino dei cicli d’istruzione – compresi gli studi universitari – da articolare nelle seguenti modalità, con obbligo scolastico portato a 18 anni.

  • 4 anni di Scuola dell’infanzia (dai 3 ai 6 anni);
  • 4 anni di Scuola primaria (dai 7 ai 10 anni);
  • 4 anni Scuola media (dai 11 ai 14 anni) articolata in 2/3 indirizzi;
  • 4 anni di Scuola superiore (dai 15 ai 18 anni);
  • 4 anni di Università.

2) Ripartizione delle scuole superiori nelle seguenti tipologie:

  • Licei (due sole articolazioni: classico e scientifico);
  • Istituti Tecnici (massimo una decina di articolazioni);
  • Istituti Professionali Statali (con il superamento del dualismo con i Centri Regionali di Formazione Professionale per offrire in particolare ai ragazzi più disagiati l’opportunità di vivere in modo decoroso, attraverso il lavoro, rivalutando le competenze professionali manuali).

3) Aggiornamento dei programmi e dei curricoli in tutti gli ordini di scuola con maggiore interazione tra gli stessi ordini, per attuare classi aperte e progetti in continuità, potenziamento delle lingue straniere (in particolare dell’inglese), delle STEM, del CLIL e della pratica sportiva: i docenti di educazione fisica dovrebbero essere in costante collegamento con le diverse società sportive locali frequentate obbligatoriamente da tutti i ragazzi.

4) Esame di Stato al termine di ogni ciclo di studi (dalla Scuola primaria alla Scuola superiore) con prove comuni standardizzate e comparabili che concorrano alla valutazione scolastica finale. Tale esame, alla fine delle superiori, potrebbe così diventare per le Università a numero chiuso un parametro affidabile sulla base del quale accettare o rifiutare un’immatricolazione.

5) Uniformità nella valutazione sommativa (espressa in decimi alla Scuola primaria, media e superiore, senza frazioni decimali) e nei punteggi dei titoli di studio (in centesimi sia per il Diploma di maturità sia per quello di Laurea).

6) Realizzazione di un “Softwere-portfolio studente” con pagelle, attività formative e qualsiasi informazione su ogni singolo allievo, che lo “accompagni” nel suo percorso scolastico dalla Scuola dell’infanzia all’Università.

7) Superamento delle ripetizioni private (in nero e costose per le famiglie) attraverso sportelli-help gestiti dai docenti curricolari per i propri alunni che hanno bisogno di attività di recupero, sostegno e approfondimento.

8) Presenza in classe di soli docenti preparati e motivati assunti esclusivamente per concorsi ordinari e che periodicamente, anche dopo che sono entrati in ruolo, si sottopongano a test valutativi nazionali (sul modello delle Certificazioni Cambridge d’Inglese) per determinarne il valore ma pure la rimozione dall’incarico in caso di incompetenza e incapacità didattica.

9) Formazione permanente dei docenti obbligatoria e verificabile e progressione economica legata non solo all’anzianità di servizio ma, soprattutto, alla loro valutazione e formazione. E tutto ciò unito a un “Software-portfolio docente” che raccolga dati e carriera (esperienze realizzate, formazione permanente, competenze didattiche, incarichi assunti all’interno dell’istituto, ecc.).

10) Superamento della mancanza cronica di insegnanti di sostegno in possesso del titolo e di una qualifica “certificata” attraverso l’istituzione di un Corso di laurea ad hoc per il sostegno che prepari seriamente alla conoscenza delle disabilità, dei disturbi evolutivi specifici (compresi i DSA) e delle problematiche relative allo svantaggio socio-economico, linguistico, culturale. E, al contempo, superamento della “delega” del progetto inclusivo ai soli docenti di sostegno da parte dei docenti curricolari facendo in modo che gli insegnanti in servizio nella scuola posseggano i fondamenti della didattica speciale per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali.

11) Ruolo unico docente, cioè stesso orario settimanale e stessa retribuzione per tutti gli insegnanti dall’infanzia alle superiori (essi attualmente, pur con lo stesso titolo di accesso, percepiscono stipendi differenti e hanno un diverso orario di servizio: 25 ore nella Scuola dell’infanzia, 24 nella primaria e 18 nella secondaria di I e II grado), ma con differenziata presenza oraria in classe che tenga necessariamente in considerazione del tempo che docenti di alcune discipline dedicano, al pomeriggio, alla correzione dei compiti in classe.

12) Superamento dei 12 punti di servizio attribuiti indistintamente ai docenti a tempo determinato per le supplenze annue, rimodulandoli a seconda del “valore” e della capacità manifestate dal docente “in azione” (con punteggio massimo da assegnare solo ai più capaci e motivati).

13) Modifica del tempo scuola settimanale con l’estensione generalizzata della “settimana corta”, dal lunedì al venerdì, così articolata:

  • Scuola dell’infanzia: 40 ore;
  • Scuola primaria: Tempo Normale 25 ore – Tempo Pieno 40 ore;
  • Scuola media: 30 ore;
  • Scuola superiore: 30 ore.

La “settimana corta” consente, infatti, di migliorare la distribuzione dell’impegno e del recupero psicofisico degli studenti, di ottimizzare la presenza dei docenti e del personale ATA e di articolare in modo più funzionale la didattica.

14) Ripristino dell’alternanza scuola-lavoro, rendendola obbligatoria non solo a tutte le scuola superiori (licei compresi) ma pure all’università per superare l’obsoleta separazione che vede prima l’apprendimento a scuola e successivamente l’applicazione nel luogo di lavoro. Quest’ultimo deve avere a tutti gli effetti lo status di luogo di apprendimento in cui lo studente può sviluppare nuove competenze, consolidare quelle apprese tra i banchi e acquisire la cultura del lavoro attraverso l’esperienza. L’alternanza è altresì fondamentale per accrescere la motivazione allo studio e guidare i ragazzi nella scoperta di vocazioni personali, interessi e stili di apprendimento individuali, arricchendo la loro formazione scolastica con l’acquisizione di competenze maturate “sul campo”.

15) Chiusura immediata degli “istituti” privati per il recupero degli anni scolastici, veri e propri “diplomifici” che vendono diplomi di maturità in cambio di soldi con la possibilità di concludere invece il percorso scolastico all’interno delle sole scuole pubbliche.

16) Piano nazionale per la realizzazione di nuovi edifici scolastici da attuare di anno in anno per far fronte sia ai problemi strutturali e di sicurezza sia per adattarli ad una didattica rinnovata: è infatti provato da indagini internazionali che ambienti di apprendimento moderni e adeguati migliorino i risultati e contribuiscano alla diminuzione della dispersione e del gap tra gli studenti. “Scuole modulari” ecosostenibili grazie all’impiego del legno e delle tecnologie più avanzate, ad alto benessere e salubrità degli ambienti e sicurezza sismica garantita, adattabili a qualsiasi territorio del nostro Paese e progettate pensando alle esigenze degli allievi.

17) Riduzione della durata degli studi universitari  (con le sole esclusioni di Ingegneria e Medicina) a 4 anni a ciclo unico e conseguente eliminazione della laurea divisa in due parti – Triennale e Magistrale – che non ha portato né alla velocizzazione dell’immissione di laureati nel mercato del lavoro (in Italia si completa l’intero corso di studi universitari attorno ai 26/27 anni), né una reale scientificità e spendibilità nel progetto della laurea breve triennale e nemmeno ad una maggiore  attrattiva (le nostre università perdono costantemente iscritti).

18) Assegnazione di un prestito d’onore per studenti universitari con scarsi mezzi economici senza garanzie se non quella di essere in regola con gli esami ed avere una buona media, che permetta di finanziare spese del corso di studi, vitto e alloggio, percorsi formativi e master anche all’estero. Tale prestito, a tasso zero, potrebbe poi essere restituito a partire da un paio d’anni dopo la laurea, quando cioè il giovane laureato ha un’occupazione, lungo un arco temporale di una decina d’anni.

19) Assunzione di personale di segreteria (dal D.S.G.A agli Assistenti Amministrativi), parte organica dell’istituzione scolastica autonoma, serio e competente, indispensabile per la buona gestione amministrativa e contabile delle scuole.

20) Redazione di un nuovo Testo Unico in materia di istruzione con tutte le norme vigenti adeguatamente riviste e con la soppressione delle (moltissime) parti obsolete.

Un libro dei sogni in formato “extra small”? Probabilmente sì. Ma con il quale, prima o poi, bisognerà fare i conti.

Pier Paolo Frigotto