Home Alunni 8 ragazzi su 10 “chattano” su WhatsApp

8 ragazzi su 10 “chattano” su WhatsApp

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E’ quanto emerge dall’indagine nazionale della Società Italiana di Pediatria, arrivata quest’anno alla sua sedicesima edizione e condotta su un campione nazionale rappresentativo di 2107 studenti (1073 maschi – 1034 femmine) frequentanti la classe terza dell’istruzione secondaria di primo grado.

Ma in compenso ci sono tutti i rischi dell’uso troppo disinvolto dei mezzi tecnologici, considerato pure che i ragazzi spendono troppo tempo a chattare nelle ore notturne, con un abuso che incide pericolosamente sugli stili di vita per chi frequenta più di 3 social.

Tutti in gara per un ‘I like’, ma così crescono anche insicurezza e fragilità. Il 13% ha provato il gioco d’azzardo online, nonostante il divieto ai minori. Circa uno su due avverte la crisi economica, cresce la sfiducia nella possibilità di trovare un lavoro. In leggera riduzione il fumo di sigaretta.

L’Indagine registra, ininterrottamente da sei anni, un incremento esponenziale dell’uso di internet tra gli adolescenti, complice anche il crollo dei costi di accesso, che ha reso la connessione H24 alla portata di tutti e in ogni momento.

Basti pensare che nel 2008 solo il 42% del campione utilizzava internet tutti i giorni contro l’attuale 81%.

Due sono le novità che emergono quest’anno, scrivo le agenzie che riportano l’indagine della Sip.

La prima è che si è conclusa la ‘migrazione’ dal computer allo smartphone: la percentuale di adolescenti che si collega a internet dal telefonino è passata dal 65% del 2012 al 93% nel 2014.

La seconda rilevante novità è rappresentata proprio dal boom di nuovi social, attraverso i quali gli adolescenti, ma oggi sempre di più tantissimi preadolescenti ancora nella scuola primaria, esercitano le loro sperimentazioni sociali, talvolta intrecciate talvolta no, con la vita reale. Con tutti i rischi che ciò comporta.

Il 75% del campione ha un profilo su Facebook, in passato meta agognata di molti adolescenti oggi vetrina rassicurante per quei genitori che credono di tenere sotto i controllo i figli, grazie alla conquistata amicizia.


Nel frattempo, l’81% degli adolescenti è sbarcato su WhatsApp, che non è solo uno strumento di messaggistica, ma può essere utilizzato a tutti gli effetti come un potente ‘social’; il 42% su Instagram, vetrina di foto ad alto tasso di esibizionismo; il 30% dei maschi e il 37% delle femmine (percentuali in velocissima ascesa) su ASK, dove la possibilità di comunicare sotto anonimato lo ha reso teatro di numerosi casi di cyberbullismo con esiti drammatici; il 23% su Twitter, social meno gettonato tra i giovanissimi.

Il 15% degli intervistati ha dichiarato di aver postato un proprio ‘selfie’ provocante, percentuale certamente sottostimata se si considera che il 48% dello stesso campione afferma contemporaneamente di avere amici e compagni che postano selfie provocanti.

Tra gli altri comportamenti a rischio rivolti a sconosciuti (dove sconosciuto non equivale necessariamente a pedofilo, questo va precisato) il 19% ha dato il telefono, il 16,8% ha inviato una foto, il 24,7% ha rivelato la scuola che frequenta, l’11,6% si è incontrata con lui, il 5,2% ha accettato proposte di sesso online. E se all’87,6% piace internet perché si può stare in contatto con gli amici, per il 60,2% internet è addirittura irrinunciabile.

Per il presidente della Sip, Giovanni Corsello “la migrazione degli adolescenti dal computer al telefonino rende difficilissimo per i genitori rendersi conto del tempo effettivamente speso dai loro figli sui social. E’ inoltre difficile dettare regole di comportamento dal momento che la stragrande maggioranza degli adulti non ha idea di come si sviluppa la socialità sui nuovi social network, di come si strutturano le relazioni, non conosce il linguaggio utilizzato. In questo contesto parlare di controllo non ha più molto senso. Le nostre risorse per prevenire comportamenti a rischio sono il dialogo, l’ascolto, l’etica comportamentale che noi adulti di riferimento abbiamo insegnato ai figli. I quali prima di essere adolescenti sono stati bambini”. 



Un altro aspetto che emerge dall’indagine rispetto alla precedente edizione è che cresce l’abitudine a navigare nelle ore serali e notturne.

Il 56,6% % chatta la sera dopo cena e circa il 40% continua a farlo fino a tardi, prima di addormentarsi in una fascia oraria che interferisce con il sonno, con conseguenze non trascurabili sulla salute.

E Internet è il ‘primo pensiero’ della giornata: non va trascurato il significativo incremento di adolescenti che iniziano le loro escursioni in rete (ovviamente complice la connessione sul telefonino) già la mattina appena svegli. Dal 2013 al 2014 la percentuale di chi lo fa spesso è passata dal 2,6 al 12,5%.

L’indagine ha indagato i rischi dell’abuso, mettendo a confronto le abitudini di coloro che frequentano più di tre social con quelle di coloro che non li frequentano o al massimo ne frequentano uno (normalmente Facebook o WhatsApp). E i risultati mostrano che i primi sono più inclini ad avere comportamenti a rischio, non solo sul solo web (per esempio postare una foto provocante), ma anche nella vita reale.

Chi frequenta più di tre social vorrebbe apparire più grande, fuma e beve di più (il 21% si è ubriacato). Ma i più assidui utilizzatori dei social risultano anche più fragili e insicuri. In un contesto in cui ciò che più importa è essere “popolari” (cioe’ totalizzare più “I like” possibile sulla propria bacheca) non stupisce la larga insoddisfazione riscontrata per il proprio aspetto fisico: 6 su 10 vorrebbero essere più magre/i (il 35% ha già fatto una dieta dimagrante), avere più seno, quasi 8 su 10 vorrebbero avere gambe più belle ed in generale essere più bella/o. Preoccupazioni presenti in maniera largamente inferiore tra coloro che frequentano un solo social network o nessuno.

“Ben venga un cauto utilizzo dei social”, spiega il neuropsichiatra. “Ma non dobbiamo dimenticare che i ragazzi, a 13 anni, sono solo all’inizio della loro vita e benché grandi esperti di tecnologia sono ancora degli sprovveduti quanto a esperienza reale. Il punto è che hanno a disposizione strumenti potentissimi, attraverso i quali entrano in contatto con il mondo, ma con la modesta attrezzatura di vita di un tredicenne. Dietro la vetrina dei social possono far credere di essere ciò che non sono, possono compensare le fragilità con l’aggressività, atteggiarsi, distinguersi: il rapporto con se stessi può essere falsato perché sono proiettati non sulla vita reale ma su un palcoscenico virtuale costituito da migliaia di sconosciuti. Ma soprattutto quello che manca è il confronto con il fallimento. La vita si impara vivendo, esponendosi al fallimento, ecco perché dobbiamo spingere i nostri ragazzi a uscire, a fare sport, a confrontarsi con gli altri”.