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A 100 anni muore Priebke, nell’ultima intervista accusa la scuola: manipola i giovani

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È morto all’età di 100 anni l’ex ufficiale delle Ss Erich Priebke, tra i primi responsabili dell’eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma del 24 marzo del 1944, quando furono barbaramente uccise 335 persone tra cui bambini e donne a seguito di un attentato in cui persero la vita alcuni tedeschi per mano dei partigiani.
La notizia della morte di Priebke è stata fornita dal suo legale Paolo Giachini, nel primo pomeriggio dell’11 ottobre, affermando che l’ex ufficiale ha lasciato come “ultimo lascito” una intervista scritta e un video, “testamento umano e politico”.
Nell’intervista, Priebke conferma la linea innocentista condotta per decenni. E di negazione dell’Olocausto. “I mezzi di propaganda di chi oggi detiene il potere globale sono inarginabili”, ha affermato l’ex Ss, parlando di “sottocultura storica appositamente creata e divulgata da televisione e cinematografia”, che ha manipolato le “coscienze lavorando sulle emozioni. In particolare le nuove generazioni, a cominciare dalla scuola, sono state sottoposte al lavaggio del cervello, ossessionate con storie macabre”. Invece, ha detto ancora Priebke “da quasi 70 anni in attesa delle prove dei misfatti contestati al popolo tedesco”.
Terminata la guerra di Priebke si persero le tracce. Solo negli anni Novanta fu rintracciato. E messo a processo. La sua vicenda giudiziaria raggiunse il suo culmine il 7 marzo 1998 quando la corte militare d’appello di Roma lo condannò all’ergastolo assieme ad un altro ex ufficiale delle SS, Karl Hass, per la strage del 24 marzo del 1944 passata alla storia come l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Una sentenza giunta al termine di una lunga vicenda processuale, iniziata nel 1995 con la richiesta da parte delle autorità italiane di estradizione a quelle dell’Argentina, dove Priebke viveva. L’ufficiale giunse in Italia nel novembre di quell’anno e venne richiuso nel carcere di Forte Boccea, a Roma. La Procura militare ottenne il rinvio a giudizio per “concorso in violenza con omicidio continuato in danno di cittadini italiani”. Il primo agosto 1996 il tribunale militare dichiarò estinto il reato per intervenuta prescrizione disponendo la scarcerazione. Una sentenza che fece enorme scalpore e non fu mai eseguita, in quanto l’ex SS poche ore dopo venne riarrestato per una richiesta di estradizione presentata dalla Germania. La Corte di Cassazione, il 15 ottobre 1996, annullò la decisione del tribunale militare e dispose un nuovo processo. Dopo una lunga disputa di natura giurisdizionale il 10 febbraio del 1997 la Cassazione decise che spettava al tribunale militare di Roma, con una nuova composizione, a giudicare Priebke e l’altro gerarca Hass. Il 4 aprile del ’97: comincia il processo, nell’aula bunker di Rebibbia. In primo grado Priebke viene condannato a 15 anni (10 dei quali condonati). Quindi nel processo d’appello arriva la sentenza all’ergastolo, decisione confermata anche dalla Cassazione. Per l’età avanzata a Priebke vengono concessi i domiciliari. Scontati in un appartamento di Boccea, un quartiere a nord di Roma.
“Esistono delle certezze nella religione. Quelli delle Fosse Ardeatine sono degli angeli e si occuperanno di lui per l’eternità. Priebke farà i conti con loro nell’altro mondo”, ha detto il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici commentando la morte di Priebke. “E’ difficile provare emozione di fronte alla morte di un criminale – continua Pacifici – un soggetto che nell’arco della sua vita, e qui rimane l’amarezza, non ha mai mostrato nessun momento di cedimento e non ha mai confessato i suoi peccati di gioventù. Non si è mai pentito delle azioni criminali, non ha mai avuto pietà per le sue vittime e neanche per i loro familiari”. “Io personalmente oggi non riesco né a ridere né a piangere”, conclude Pacifici.
Freddo è anche il commento del presidente dell’Anpi Roma, Francesco Polcaro: “non posso dire che piangerò. E’ morto un assassino che ha ucciso più persone di un serial killer, che non si è mai pentito di quello che ha fatto e che peraltro ha vissuto una vita lunghissima in parte anche felice”. E ancora: “per moltissimi anni infatti dopo la seconda Guerra Mondiale Priebke è stato padrone di se stesso, ha vissuto una vita normale, in Sud America, arrivando anche a diventare presidente di un’associazione culturale a Bariloche, in Argentina. Ha iniziato a scontare la sua pena da non moltissimo, dopo essere stato estradato in Italia – ricorda Polcaro -. E’ naturale che una persona di cento anni muoia e non ho altri commenti da fare. Mi auguro solo – conclude – che le autorità non permettano che i funerali di questa persona si trasformino in una manifestazione di apologia del nazismo. Per i partigiani resterà sempre un feroce assassino e un nazista”.