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Assunzione in ruolo precari con 36 mesi e abilitazione da prendere nell’anno di prova: il ddl Pittoni al vaglio di Brunetta

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Ha destato diverse reazioni la denuncia di alcuni giorni fa della senatrice Bianca Laura Granato, passata al Gruppo Misto dopo avere abbandonato il M5s, sulla volontà di una parte del governo di procedere all’assunzione straordinaria da graduatorie per i docenti supplenti con almeno 36 mesi di servizio, senza prove concorsuali, arrivando all’immissione in ruolo su sostegno di personale precario non specializzato. A respingere sul nascere questa ipotesi è il senatore leghista Mario Pittoni, vicepresidente Commissione Cultura, che su una procedura di assunzione di questo genere lo scorso mese di agosto ha depositato in Senato un disegno di legge contenente un piano assunzionale straordinario per affrontare con efficacia il problema delle aumentate cattedre libere (oltre 213 mila quest’anno) derivante dalla crisi pandemica.

Il ddl leghista

Nel ddl n. 1920 – peraltro in attesa di calendarizzazione – con primo firmatario il responsabile Scuola della Lega, si riporta espressamente che per i docenti abilitati e specializzati sul sostegno dovrebbero “essere previste: assunzione immediata, nel limite dei posti vacanti e disponibili, nel piano assunzionale straordinario; ammissione al concorso straordinario per titoli e prova orale consistente nella simulazione di una lezione da svolgersi con cadenza biennale”.  

“Secondo il modello di reclutamento che ho proposto – ci dice Mario Pittoni al telefono – la specializzazione universitaria non può essere un titolo bypassabile. E nemmeno credo che vi sia qualche parlamentare della maggioranza che possa pensarlo”, sottolinea il leghista.

I titoli richiesti

Ma quale sarebbe la procedura che la Lega vorrebbe approvare per assumere senza concorso? Oltre alla laurea quadriennale (o un titolo di studio equivalente) oppure una laurea quinquennale a ciclo unico, si legge nella proposta Pittoni, occorrono almeno tre anni di servizio nella scuola statale. E, naturalmente, serve pure l’abilitazione.

Per questo motivo, nel ddl si propongono percorsi formativi abilitanti che, superando la concezione nozionistica della valutazione mediante uniche prove d’esame, assicurano una reale selezione ex ante, in considerazione dell’esperienza professionale, in itinere, con diversi esami universitari, ed ex post con l’esame conclusivo (nel triennio accademico 2013/2016 quasi 3 candidati su 10 non sono stati ammessi all’esame finale per il mancato superamento di singoli esami del piano di studio dei cosiddetti PAS).

Formazione universitaria

La formazione specialistica per l’insegnamento verrebbe erogata dalle università pubbliche mediante corsi (TFA, PAS) preordinati all’acquisizione di CFU su una serie di SSD, settori scientifico-disciplinari: didattica generale e speciale, pedagogia generale e speciale rivolta ai bisogni educativi speciali, pedagogia sperimentale, didattica disciplinare, laboratori pedagogico-didattici, tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la didattica. A conclusione degli esami di profitto, gli aspiranti docenti accedono a un ulteriore esame, di competenza ministeriale, abilitante all’insegnamento.

Qualora il docente non sia in possesso dell’abilitazione, il neo-immesso in ruolo sarà costretto a conseguire il titolo durante l’anno di prova frequentando un percorso accademico ad hoc. Il mancato conseguimento dell’abilitazione, sempre nel ddl Pittoni, costituirebbe causa di rescissione unilaterale del contratto di nomina in ruolo.

Anno di prova decisivo

Sempre nel ddl si prevede un periodo di prova per verificare sul campo la capacità del docente di svolgere la funzione in tutte le sue sfaccettature e cioè: facoltà comunicative e relazionali con gli alunni, con i colleghi, con le famiglie e con il dirigente scolastico; capacità di insegnare la disciplina e di valutare correttamente gli allievi; rispetto delle regole di deontologia professionale.

Inoltre, l’attività dell’insegnante sarebbe monitorata e valutata al termine dell’anno scolastico dal dirigente e dal comitato di valutazione.

C’è pochissimo tempo

Pittoni crede tantissimo in questo modello di reclutamento. Il tempo per approvarlo, così da metterlo in atto già dalla prossima estate, quando si andranno ad aggiungere 35 mila pensionamenti agli oltre 100 mila posti già vacanti, oltre ad altrettanti in organico di fatto, è però davvero poco.

Prima ancora dell’avallo al ddl della stessa commissione del Senato, oltre che del ministero dell’Istruzione, occorre quello della Funzione Pubblica: c’è da capire, insomma, se il modello possa essere compatibile con le nuove modalità di accesso nella PA studiate dal nuovo ministro Renato Brunetta.

Serve il sì della Funzione Pubblica

In particolare se potrà essere in linea con il decreto legge 44 “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici” approvato da Consiglio dei Ministri nella seduta del 31 marzo scorso: l’articolo 10 del decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1° aprile, riporta infatti le nuove “Misure per lo svolgimento delle procedure per i concorsi pubblici”.

Un’assonanza di fondo sembra esservi: le nuove regole approvate per tutta la PA introducono infatti pre-selezioni per titoli e servizio, quindi senza più test preliminare. Solo che successivamente vanno svolte le canoniche prove scritte il colloquio finale. A breve capiremo se il “matrimonio” tra i due modelli sarà plausibile.

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