Home Politica scolastica Assunzione precari: problema politico non tecnico

Assunzione precari: problema politico non tecnico

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Dispiace rilevare la posizione presa dal premier Matteo Renzi sull’assunzione dei precari. Anche a volergli dare ragione e sostenere che non è coerente con l’impianto intero della riforma, scorporare l’assunzione dei precari dal DdL, è evidente che nonostante i buoni propositi, la maggioranza non è riuscita a mettere in porto nei tempi che si era data la riforma della scuola, ovvero quella che il Capo del Governo ha sempre considerato il principale punto di azione della sua amministrazione da cui partire per rilanciare il Paese.
Il problema che è stato presentato come questione tecnica (non è possibile con la presenza di migliaia di emendamenti arrivare in tempi brevi al varo della riforma che inevitabilmente slitterà) in realtà è politico.
Colpa della minoranza? Sembra una risposta strumentale che tenta di nascondere le debolezze di una maggioranza che registra di giorno in giorno sul tema scuola delle prese di distanza da parte dei suoi componenti.
Ma, anche a voler prendere per buone le ragioni del governo, sarebbe il caso che chi guida l’Esecutivo, riflettesse seriamente sulle prospettive future della sua azione, se non riesce a fronteggiare una minoranza che legittimamente protesta. Ricorrere alla fiducia non è altro, sembra paradossale ma è così, che una prova di debolezza, soprattutto se si pensa che gran parte della classe politica non è pronta o disposta ad andare al voto. Del resto, la spaccatura interna al Pd sul DdL scuola è abbastanza evidente, per cui, sarebbe opportuno non nascondere l’esistenza di un problema politico che è esploso su una delle riforme che rappresenta sia per la quantità e qualità degli interessati e sia per gli annunci che l’hanno preceduta, uno dei punti più importanti, se non il punto più importante, su cui si gioca la credibilità il Premier.
Difficoltà politiche per l’approvazione si sono manifestate in altre importanti riforme che la maggioranza dovrebbe avere pronte per il varo. Non siamo noi a scriverlo ma proprio su queste colonne della Tecnica della Scuola, lo ha detto chiaramente un deputato del Partito Democratico, D’Attorre che in una sua intervista ha così risposto ad una delle domande in cui gli si chiedeva: “In genere dai deputati si è abituati ad osservare il c.d. “voto libero” svincolato cioè dal gruppo a cui appartengono, quando si tratta di questioni di coscienza. Scusi l’ironia, ma è così anche per la scuola, visto che nel PD non c’è stata una posizione unanime?” Risposta: Mi rendo conto che non siamo in una situazione normale, nel senso che non è fisiologico non votare provvedimenti proposti dal Governo sostenuto dal proprio partito. Ma questa anomalia è la conseguenza di un’anomalia ancora più grande, ossia quella di un Partito democratico che sta stravolgendo il mandato ricevuto dagli elettori su materie fondamentali come la scuola, il lavoro e le regole fondamentali della democrazia, seguendo una linea che appare più vicina alle idee di Forza Italia e della destra piuttosto che a quelle che dovrebbero essere le posizioni di un grande partito popolare di sinistra”.
Un grande partito popolare di sinistra, aggiungiamo noi, davanti alla possibilità di assumere dei precari ma sarebbe meglio usare l’espressione stabilizzare dei precari, perchè gran parte di essi lavora da diversi anni nel mondo della scuola, dovrebbe trovare la giusta mediazione per assicurare loro l’immissione in ruolo.
Magari rinunciando alle assunzioni dirette dei dirigenti scolastici che hanno vinto un concorso senza sapere che avrebbero avuto questo difficile compito e che non sapevano quale sarebbe stato il loro ruolo nella “Buona Scuola” di Renzi.
Non entriamo nel merito non essendo questo il tema dell’articolo, ovvero se affidare o meno il potere di chiamata diretta ai Ds, ma forse per questi ultimi si sarebbe dovuto pensare nel DdL scuola ad un corso di aggiornamento/formazione per un efficace esercizio dei loro poteri, ma questo sino ad ora non lo abbiamo scritto per evitare di creare un buon alibi a chi intende allungare i tempi delle assunzioni. Ma almeno, sarebbe stato un alibi più nobile, rispetto a quello usato del “o tutto il DdL o niente”.