Home Politica scolastica Azzolina risponde a Cacciari: “Non bisogna demonizzare il digitale”

Azzolina risponde a Cacciari: “Non bisogna demonizzare il digitale”

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La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, risponde all’appello lanciato ieri su La Stampa da parte di Massimo Cacciari e di altri 15 intellettuali sul futuro della scuola. Per Azzolina  “serve un confronto franco, lucido, ma che soprattutto sia da stimolo per raggiungere soluzioni che guardino al bene degli studenti”.

Caro direttore,
l’attenzione che si è riversata in queste settimane sulla scuola è in parte frutto delle difficoltà che il nostro settore sta vivendo. Ma è anche la dimostrazione di una rinnovata consapevolezza della sua importanza. È un’energia che non dobbiamo disperdere. Il dibattito che la scuola quotidianamente alimenta è un’occasione unica: dobbiamo cercare tutti di orientarlo nella direzione giusta. Serve un confronto franco, lucido, ma che soprattutto sia da stimolo per raggiungere soluzioni che guardino al bene degli studenti. Serve collaborazione.
Ho avuto modo di ripetere in questi giorni che la chiusura delle scuole è stata molto sofferta. Il sistema scolastico però ha tenuto, ha reagito. Anche grazie alla didattica a distanza, unica vera alternativa, per settimane, all’abbandono degli studenti. Non è stata sostitutiva delle lezioni in classe: questo nessuno lo ha mai sostenuto. Facciamo didattica a distanza perché non possiamo riaprire le scuole in sicurezza. Non il contrario.
Tuttavia, della didattica a distanza non dobbiamo avere paura. Paura che spesso è anche sospetto, rifiuto. Serve invece il coraggio di ammettere che la cosiddetta ‘Dad’ ha tamponato un’emergenza e sta accompagnando un settore ferito dall’emergenza verso la convalescenza. La scuola sarà guarita solo quando tornerà in classe, naturalmente. Ma abbiamo l’opportunità di portarci dietro un bagaglio di competenze, esperienze e anche una dotazione digitale, che in tempo di ‘pace’ avremmo ottenuto in alcuni anni, invece che in pochi mesi.
Nel dibattito pre-Covid la scuola italiana era spesso definita arretrata, anche a causa della sua inadeguatezza dal punto di vista della strumentazione tecnologica. I docenti italiani conoscono bene la complessità, spesso la frustrazione, di organizzare una lezione in classe senza connessione Internet. Non esiste l’equazione: innovazione uguale digitale. Ma il digitale è reale. Lo è per i nostri giovani. Ignorarlo sarebbe pericoloso. Impariamo piuttosto a parlare la loro lingua, lavoriamo sulla media education, accompagniamo cioè la fornitura di nuovi strumenti alla formazione di un corretto e consapevole utilizzo. Questa è la sfida. Questo è il dibattito che mi aspetto di ascoltare e al quale l’intera classe docente italiana so che vuole partecipare.
Impariamo a vivere il digitale con complicità, non con estraneità. Credo sia davvero l’unico modo di valorizzarne l’utilizzo.
Nell’appello pubblicato ieri dal suo giornale c’era un riferimento alle riaperture delle scuole di altri Paesi europei. È senz’altro vero che alcuni Stati hanno provato ad anticipare. Non tutti, e non senza criticità, come sta emergendo anche in queste ore. Ma il punto a mio avviso è un altro: si tratta sempre realmente di didattica? O sono tentativi, più che giustificati, di recupero di forme di socialità? Perché su questo, anche il Governo italiano si è attrezzato: nell’ultimo Dpcm è stato allegato un Protocollo sanitario per autorizzare, a breve, l’avvio di centri estivi. Una necessaria soluzione al disagio delle famiglie e un primo parziale supporto anche alla solitudine vissuta dai ragazzi in queste settimane. Ma la scuola è altra cosa.
Per questo, per settembre, lavoriamo ad un piano che poggerà su più gambe. Perché la scuola è di tutti e servirà il contributo di tutti per farla ripartire. Stiamo raccogliendo le proposte del nostro Comitato di esperti, dialoghiamo con parti sociali e gli Enti locali, attendiamo dal Cts una cornice di sicurezza dentro la quale inserire la proposta complessiva.
Vogliamo rientrare tra i banchi. Per settembre lavoriamo a pieno regime, accogliendo il contributo di tutti. Non c’è alcun modello distopico all’orizzonte. Nessuna scuola in remoto.
Riapriremo le scuole. Ma sarà anche necessario avere scuole più aperte.