Home Politica scolastica Cambiamenti #1 – 2015: un buon anno per scuola, università e istruzione

Cambiamenti #1 – 2015: un buon anno per scuola, università e istruzione

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Ecco il testo integrale della prima newsletter realizzata dal Sottosegretario

 

Emozione e senso di responsabilità. Sono passati (ma forse sarebbe meglio dire “sono volati”) quasi due mesi dalla mia nomina a Sottosegretario all’Istruzione e a questi due sentimenti iniziali se ne sono aggiunti via via tanti altri: entusiasmo, determinazione, fiducia.

In giro per l’Italia abbiamo visto, in questi ultimi mesi del 2014, tante “buone scuole”, scuole innovative e esemplari grazie alla passione e alla tenacia di docenti e dirigenti scolastici che lavorano al loro interno. Ma siamo entrati in contatto anche con realtà in difficoltà: a queste abbiamo espresso la nostra vicinanza e preso impegni per la risoluzione dei loro problemi.

Ma la cosa più importante è che ci siamo messi “in ascolto”. La consultazione avviata dal governo Renzi per “la buona scuola” è un chiaro segnale di un cambiamento di rotta: le riforme non possono essere calate dall’alto. Ma soprattutto ci ha mosso la consapevolezza che la scuola è parte integrante della società e non può essere ripensata come elemento isolato dal contesto, autoreferenziale. Non si può non tenere conto di chi opera ogni giorno per il futuro degli studenti e del Paese, ma la scuola non è una casa del Grande Fratello. Per questo abbiamo tirato fuori la scuola dalla palude del linguaggio tecnico/sindacale che capiscono solo gli addetti ai lavori e lo abbiamo portato tra i cittadini.

Cosa è stato già fatto e cosa continueremo a fare per scuola, università e ricerca?

 

1. Ovunque, nel paese, già oggi c’è una buona scuola, guidata da dirigenti capaci e fatta vivere ogni giorno da un ottimo corpo insegnante. Non dobbiamo inventarci nulla, ma solo dare ai protagonisti della scuola tutti gli strumenti e le risorse (non solo economiche, ma anche economiche) per poter lavorare. Individueremo le buone pratiche e favoriremo la loro diffusione, porremo le condizioni perché sia sempre più forte il collegamento tra scuola, università, territorio, imprese: la scuola è società, la società deve tornare a curarsi della sua scuola.

 

2. Sulla valutazione degli insegnanti nessun passo indietro. Oggi “todos caballeros” e scatti per tutti per anzianità, senza alcuna valutazione dell’attività svolta. Ora basta. Certo si dovrà tenere conto anche dell’anzianità tra gli elementi di valutazione, ma non può, né deve essere, l’unico parametro.

 

3. Assumeremo 150.000 nuovi insegnanti: basta precariato e d’ora in avanti si diventerà insegnanti dopo un percorso di formazione iniziale rinnovato e superando la selezione affidata a concorsi pubblici, come vuole la nostra Costituzione. L’assunzione di 150.000 nuovi insegnanti non è la “stabilizzazione” dei precari, ma è l’immissione di forze che servono a costruire una nuova scuola. Ci accusano di aver fatto una sanatoria. Non è vero! La maggior parte dei 150.000 sono persone che già lavorano; l’unica differenza è che non saranno più precari. E finalmente faranno l’anno di prova che diventerà una cosa seria. Servirà a capire quali sono le eventuali carenze dei neoassunti e ad aiutarli a colmarle con percorsi di affiancamento da parte di docenti più esperti e/o attraverso percorsi di aggiornamento a loro dedicati.

 

4. Basta “supplentite” e nuovo organico per una nuova scuola, che vada oltre l’esclusiva “lezione frontale”. Non ci sarà nessun organico di Serie A e di Serie B, ma daremo alle scuole risorse umane aggiuntive per arricchire ed innovare la propria offerta formativa.Riformeremo il sostegno: insegnanti specializzati sulle singole disabilità e, in prospettiva, carriere separate.

 

5. Edilizia scolastica. Nel 2015 apriremo circa 1.600 cantieri di scuole sicure + 1.600 cantieri di scuole nuove + circa 600 di efficientamento energetico + circa 100 nuove scuole (fondi Inail). Infine, in 15.000 scuole, si interverrà con il progetto “scuole belle”, con interventi di manutenzione e abbellimento.

 

6. Il test di medicina si farà anche quest’anno. Vogliamo affidare la preparazione alle prove di ammissione direttamente alle università, sottraendole alle speculazioni dei privati. Le domande dei test dovrebbero essere, poi, più specializzate, legate a materie specifiche e meno generaliste, per rendere la selezione più oggettiva. Dal 2016 l’orientamento comincerà prima, già dalle scuole superiori.

 

7. Fondo di Funzionamento Ordinario delle Università. Al via un nuovo metodo di assegnazione agli Atenei basato anche su fattori premiali e su un “costo standard studente”. Cosa significa? Significa che le Università si misurano sulla ricerca e sugli studenti. Non sul personale. L’Università non si finanzia per se stessa, ma per quello che fa e insegna. Nessuna penalizzazione, bensì stimoli. Apriamo anche una riflessione su un diverso impegno delle Università verso l’innovazione e verso un maggiore legame coi mondi produttivi e coi territori. Perché un dottorato non può avere come sbocco una start up, ad esempio, piuttosto che formare l’ennesimo precario della ricerca o l’ennesimo cervello in fuga? Accade già, lo so, ma non abbastanza. Parliamone, per incentivare.

 

8. Ricerca. I nostri Enti di Ricerca pubblici ci fanno raggiungere vere eccellenze nel mondo. Dobbiamo esserne fieri, conoscerli, supportarli, rilanciarli. Come e più di una nazionale di calcio. Il Cern di Ginevra è diretto da una scienziata italiana, per dire. Ma noi vogliamo che i nostri “giocatori migliori”, come anche i migliori del mondo, facciano parte della nostra“nazionale della ricerca”. Con gli Enti stiamo studiando nuove regole, che li sgancino dalle pastoie della pubblica amministrazione: per mettere le ali all’Italia abbiamo bisogno di ricerca e di eccellenze. Per attrarre e supportare le eccellenze della ricerca dobbiamo cambiare molti dei vincoli attuali. La ricerca non è la nostra Cenerentola, è la nostra Ferrari.

 

9. Università. Volevo sorvolare, ma voglio fare una riflessione che non vuol colpire nessuno ma vuole stimolare: il mondo universitario italiano deve cambiare. Spesso i nostri laureati migliori non vanno fuori solo per aver finanziate le ricerche, ma perché trovano terreni fertili e liberi. Ecco: iniziamo insieme a pensare una “buona università” per quel che riguarda il diritto allo studio e per quel che riguarda le regole di selezione e assunzione. Per superare non solo leggi sbagliate, ma anche meccanismi cooptativi malati.

 

Vogliamo fare con voi, di volta in volta, il punto su quello che facciamo e che ci proponiamo di fare: per questo “Cambiamenti” verrà aggiornato ogni mese. Siamo solo all’inizio e c’è tanto da fare. Non manca, però, la voglia di lavorare, di mettersi in discussione, di pensare che ciò che immaginiamo di buono per il nostro Paese possa essere realizzato. E non siamo pazzi o visionari: sappiamo che da qualcosa bisogna pur cominciare. E lo stiamo già facendo con l’aiuto – sotto forma di critiche o di consigli – di chi si è messo e si mette in dialogo con noi per una scuola, un’università e una cultura, volano della ripresa del nostro Paese. Vi chiedo di continuare a farlo scrivendomi a [email protected]. Non sempre riesco a rispondere a tutti, ma ogni vostro consiglio o critica viene letto, valutato, messo in relazione con quello che stiamo facendo. Grazie davvero.

 

Auguri di buon anno a tutti.

 

P.S.: sono siciliano, sono padre. Non posso fare a meno di riflettere sui dati drammatici diramati dal rapporto di Save the Children sull’infanzia del Sud. La povertà è un dato sempre più diffuso e preoccupante. C’è una cosa su cui mi impegno: agire su qualcuno di quei dati. Nascere al Sud non può essere una disgrazia. Serve una strategia forte contro lo stato di “calamità educativa” al Sud. Faremo un monitoraggio sulla dotazione di asili (scarsissima), di scuola per l’infanzia (offerta bassissima) e di tempo pieno (ancor più bassa) nelle regioni del Sud e delle isole. Se mancherà per gli organici, con il piano di assunzioni cercheremo di colmare. Se mancherà per gli edifici, con il piano di azione sull’edilizia cercheremo di agire. Se mancherà per gli enti locali, li metteremo di fronte alle loro responsabilità, li sosterremo, li aiuteremo a coordinarsi. Se mancherà per la poca attenzione delle famiglie, attraverso i dirigenti scolastici e i bravi docenti delle scuole del sud le sensibilizzeremo. Se mancheranno perché i molti fondi non sono ben spesi e finalizzati, cercheremo di attivare una strategia coordinata per i fondi comunitari. Ma a tutti voi chiedo collaborazione e assunzione di responsabilità: l’infanzia negata e l’emergenza educativa, al Sud come al Nord, siano per tutti noi una priorità nazionale.