
Torna d’attualità il tema dell’uso inappropriato della carta del docente.
E’ di queste ore una notizia diffusa da ‘Il Giornale’ che fa riferimento facendo ad alcune inchieste della Guardia di Finanza condotte tra il 2021 e il 2023.
La tecnica è sempre la stessa; in questo caso, per esempio, a Catanzaro è stato scoperto un uso indebito della carta da parte di 62 insegnanti che, con la complicità del venditore, avrebbero acquistato smartphone ed elettrodomestici che, come è noto, non sono invece ammessi.
In pratica sembra che il venditore “convertisse” in “buoni spesa” gli importi della carta, con un inevitabile ricarico: in altre parole gli insegnanti avrebbe consegnato buoni della carta per 500 euro ricevendo in cambio un buono spesa di importo inferiore ma utilizzabile per ritirare una lavatrice o un frigorifero.
Per la verità casi analoghi si erano verificati anche negli anni passati.
Nell’ottobre del 2024 la Gazzetta del Mezzogiorno dava notizia di una inchiesta in cui erano coinvolti 300 docenti del cosentino, mentre nel novembre del 2021 una ventina di insegnanti erano finiti nel mirino della Guardia di Finanza per aver usato la carta per comprare smartphone e stampanti.
Nel gennaio del 2025 un caso era finito persino sugli schermi televisivi: a Striscia la notizia era passato un servizio giornalistico in cui l’inviato della redazione si presentava in un negozio chiedendo se poteva scambiare un buono da 500 euro con un “credito” da 350 per portarsi a casa un altro oggetto; e ovviamente il negoziante spiegava che non era difficile e che l’”affare” si poteva tranquillamente concludere, con tanto di fattura intestata al cliente riportante la vendita di un PC o di un tablet.
Il taluni casi i docenti colti in fallo si sono giustificati spiegando che lo smartphone sarebbe servito a scuola per gestire il registro elettronico e che la stampante sarebbe stata utilizzata per produrre schede e altro materiale didattico.
Spiegazioni che dai giudici non sono mai state considerate adeguate perché – giusto o sbagliato che sia – le norme sono su questo punto piuttosto tassative.
Il fenomeno, insomma, non è affatto nuovo e, anzi, c’è da chiedersi come sia possibile che, in 10 anni dalla nascita della Carta, non si sia ancora riusciti a fermare un fenomeno che non è solo indice di “malcostume” ma configura un vero e proprio reato.



