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C’era una volta la scuola

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In questi mesi ho spesso riflettuto su quanto sta accadendo e di come una situazione tragica come questa pandemia avrebbe potuto divenire il volano per una rivoluzione.
Premetto che sono un docente di lettere del II grado a t.i., insegno dall’a.s. 1989/1990 e da due anni sono distaccato in base alla L.107/2051 art.1 c.65, nell’a.s. 1990/91 ho partecipato per la prima volta come commissario ai “vecchi” esami di maturità e da allora salvo in rare occasioni ho fatto parte di commissioni di maturità (e poi di  Stato) e negli ultimi anni da presidente.

Ho avuto vari Dirigenti Scolastici alcuni illuminati e tra questi ricordo la straordinaria Preside Vanna Santi dell’Istituto Professionale Bartolomeo Montagna di Vicenza, altri magari meno consapevoli dell’importanza di Dirigere la Scuola quale luogo di crescita e formazione delle Persone e dei Cittadini.

Non voglio tediare raccontando le esperienze e le molteplici attività scolastiche svolte in questi anni, ma questo noioso preambolo mi serve solo far capire che a differenza di molti che parlano di scuola io ho speso, come molti colleghi, gran parte della mia vita con gli e per gli studenti.

Nella nostra storia mai era successo che in tutto il territorio nazionale, per mesi, si sia sospesa l’attività didattica in presenza sostituendola con quella a distanza. Sappiamo benissimo come molti Dirigenti Scolastici e docenti si siano immediatamente attivati per proporre agli alunni iniziative didattiche sia asincrone e poi sempre più sincrone. Sappiamo anche come alcuni si siano invece dimostrati più refrattari.

Ma la Scuola ha saputo mantenere quel senso di comunità e di appartenenza ad un gruppo, facendo in modo che i giovani si sentissero meno isolati. Pensate ad una famiglia, che vive in un luogo isolato, con un unico figlio: le videolezioni sincrone hanno rappresentato l’unico momento di socialità per settimane. Ricordo come una ds mi abbia detto di aver attivato meet, su segnalazione di alcuni genitori, anche per i bimbi dell’infanzia i quali non vedendo le loro insegnanti pensavano fossero morte, a differenza dei fratelli più grandi che seguivano lezioni online.

In questi mesi ho aiutato colleghi che, magari seguirono mie formazioni, a organizzare le loro lezioni e fornito consigli a DS sulla valutazione della dad e sulle nuove tecnologie. Devo confessare che ero felice perché finalmente vedevo un fermento innovativo dal basso che mi faceva ben auspicare una “rivoluzione” nella scuola.  Leggendo le note ministeriali lo notavo anche dall’alto. In pochi mesi stava accadendo quello che in anni non si era riuscito a fare.

Da sempre ammiratore di progetti didattico-metodologici innovativi ben rappresentati in esperienze come le Avanguardie Educative o Le Piccole Scuole di Indire ero convinto che questa “pandemia” ci avrebbe portato ad un progetto di scuola in cui il meglio della tradizione si sarebbe proiettato verso una visione più vicina alla società. Speranza confermata dal confronto con molti Istituti, che grazie ai Dirigenti, ai Docenti e a tutto il personale, stanno lavorando per meglio comprendere le esigenze dei loro territori e della società che corre molto più velocemente di come si possa pensare adeguandosi con innovative metodologie didattiche e particolari attenzioni alle necessità dei ragazzi: ad esempio l’I.C. di Bosco Chiesanuova (VR), l’I.C. Tina Merlin di Belluno, l’I.S. Rigoni Stern di Asiago, l’I.S. Galilei di Arzignano (VI), l’I.S. Catullo di Belluno, l’I.C. di Barbarano – Mossano (VI) o di Mel (BL) e tantissimi altri. Ma non solo anche istituti paritari come, su mio stimolo, una primaria di Montebelluna (TV) a settembre proporrà una didattica legata ad un nuovo ambiente di apprendimento “classe 3.0”.

In più leggendo il PIANO PER LA RIPARTENZA 2020/2021 – MANUALE OPERATIVO dell’USR per il Veneto noto che la Parte III^ – Suggerimenti metodologici per la ripresa delle attività didattiche offre agli operatori della Scuola spunti di riflessione per innovare la didattica (interessante anche l’appendice con i link con le varie esemplificazioni).

Tutto questo mi ha fatto sognare un disegno di scuola del XXI secolo (un quinto di questo secolo è già passato … tanto per precisare). Invece purtroppo al mattino i sogni si infrangono: è solo questione di rotelle e disposizione di banchi.
Ieri sera leggo di come un dirigente risolva il problema della capienza delle aule girando i banchi di misura 60 per 80 in modo che gli studenti si siedano nella parte stretta e quindi nell’aula si possano disporre vari banchi in più.  Essendo io grasso e alto 1.85 cm non vorrei essere un alunno costretto a infilare le gambe in meno di sessanta centimetri.  Ma il metro boccale è rispettato.

Non parliamo poi dei “banchi a rotelle”: la Repubblica Italiana ne comprerà a migliaia. Bene! Ma mi pongo un dubbio: ci si è chiesti se quel tipo di arredo scolastico sia legato ad un particolare ambiente di apprendimento e relativa metodologia?
Da modesto formatore negli anni passati facevo notare che avere una LIM in classe ed usarla come fosse una lavagna con gessetti non rappresentava certamente un’innovazione didattica, ma un semplice diverso supporto. I “banchi a rotelle” senza una rivoluzione metodologico-didattica saranno soldi buttati.

Scusate a questo punto rimpiango chi aveva un’idea di Scuola da Berlinguer, alla Moratti, passando per la Gelmini fino alla Giannini magari non sempre da me condivisa, ma era un’idea, un progetto.

Un’ultima considerazione a settembre 2020 entreranno in prima primaria i bambini nati nel 2014 e nei primi mesi del 2015, usciranno dal percorso d’istruzione di II grado nel 2033, dal mondo del lavoro dopo il 2080. A loro e a tutti i giovani che dovranno affrontare la sfida del futuro, la Repubblica deve dare una scuola adeguata ai tempi, capace di dare ai Suoi figli le conoscenze, le abilità e le competenze per esseri cittadini europei consapevoli in grado di affrontare al meglio il XXI secolo. Ecco perché dobbiamo sfruttare questa opportunità!

Non si perda quest’occasione: dalla tragedia pandemica può nascere una speranza. Mi si permetta di parafrasare un poeta del secolo scorso: “dai diamanti non nasce niente/ dal letame nascono i fior”.

Non parliamo solo di rotelle, ma facciamo sbocciare i fiori della Scuola.

 

Bruno Chiozzi