
Scrivo con sconcerto, indignazione e senso di impotenza per segnalare quanto sta accadendo in merito al Concorso docenti 2025. In qualità di candidata che ha preso parte alla prova scritta per storia e filosofia, riportando un punteggio pari a 82/100, e non potendo accedere alla prova orale poiché la soglia minima nella mia regione, il Molise, è 94, mi trovo oggi nella paradossale condizione di non poter conoscere alcun esito ufficiale della selezione, di non sapere quanti candidati abbiano superato la prova, chi siano, e quale sia la mia posizione nella graduatoria. Ancor più grave: le convocazioni alla prova orale vengono effettuate in modo riservato, senza pubblicazione di nomi, date o criteri, e senza alcuna comunicazione ufficiale nei canali istituzionali.
Non siamo davanti a una mera disorganizzazione. Siamo di fronte a una scelta consapevole che mina la trasparenza dell’intero procedimento concorsuale, contravvenendo ai più elementari principi di pubblicità e legalità, previsti dalla legge 241/1990, dal D.Lgs. 33/2013 e dalla normativa generale in materia di pubblico impiego, come la Legge 487/1994.
La responsabilità non può essere addossata agli uffici scolastici regionali: questo sistema è stato imposto dal Ministero stesso, che ha deciso di gestire un concorso pubblico nazionale secondo modalità che definire opache è un eufemismo. Si è scelto di trattare i partecipanti come soggetti da contenere, silenziare, sorvegliare, invece che come cittadini portatori di diritti, trasparenza e dignità.
Un concorso pubblico è – per sua natura – un procedimento trasparente, verificabile, accessibile. La negazione di questi principi trasforma la selezione in una procedura chiusa, arbitraria, lesiva della fiducia pubblica e potenzialmente discriminatoria.
Questa lettera è un atto di denuncia civile. Non pretendo favoritismi, né invoco eccezioni: chiedo il rispetto della legge. Ma ancora prima, chiedo rispetto per la mia intelligenza, per la mia dignità, per il mio diritto a non essere trattata da ingenua o da invisibile.
È un’umiliazione vedere un concorso pubblico gestito con modalità che negano il principio di trasparenza. È offensivo non tanto verso me personalmente, quanto verso un’intera generazione di docenti e futuri docenti che si scontra con un sistema che sembra intenzionalmente costruito per delegittimare il merito, la competenza e la preparazione.
Come può un Ministero che forma e seleziona i docenti pretendere di trasmettere ai giovani il valore della cultura, se i suoi stessi procedimenti calpestano il diritto all’informazione, all’equità e alla chiarezza?
L’opacità di questa gestione, l’assenza di criteri condivisi e la negazione di atti che dovrebbero essere pubblici per definizione non sono solo lesive della legalità amministrativa, ma anche della dignità dei partecipanti, trattati come soggetti passivi, senza diritto di parola o controllo.
E mi permetto di dire che, se questa è la via intrapresa per la selezione di chi dovrà formare le menti del futuro, è inevitabile che la scuola perda autorevolezza, che la cultura diventi un insieme astratto e poco credibile, e che l’insegnamento venga progressivamente svuotato di ogni dignità, riducendo i docenti a esecutori stanchi, demotivati e sempre più ignorati – e ignoranti.
Io non ci sto. E non ci sta nessuno di noi che continua a credere che la scuola sia un luogo di giustizia, di confronto, di crescita. Scrivo queste righe perché credo ancora nel valore della parola, della denuncia lucida, del dissenso espresso con civiltà e rispetto – ma con assoluta determinazione.
Chiedo che vengano pubblicati gli atti previsti dalla normativa. Ma chiedo anche, e soprattutto, che il Ministero rifletta sull’impatto etico e simbolico delle proprie decisioni.
Chi insegna, insegna anche con l’esempio. E i cittadini osservano.
Alessandra Signorile