Home Personale Congedo paternità: proroga per il 2019, ma disparità tra pubblico e privato

Congedo paternità: proroga per il 2019, ma disparità tra pubblico e privato

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Il congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti, così come stabilito dall’ultima Legge di Bilancio, è stato prorogato anche per le nascite, le adozioni e gli affidamenti avvenuti nel 2019 e, sempre per il 2019, è stata confermata la possibilità di fruire di un ulteriore giorno di congedo facoltativo.

L’Inps, con il messaggio 13 febbraio 2019, n. 591, fornisce indicazioni sulle modalità di presentazione della domanda di congedo obbligatorio, aumentato a cinque giorni, da fruire entro i cinque mesi di vita o dall’ingresso in famiglia o in Italia del minore.

Congedo di paternità

L’articolo 4, comma 24, lettera a), legge 28 giugno 2012, n. 92 ha istituito il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità della madre, fruibili dal padre lavoratore dipendente anche adottivo e affidatario, entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio.

L’articolo 1, comma 354, legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) ha prorogato il congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti anche per le nascite e le adozioni/affidamenti avvenute nell’anno solare 2017 ed ha previsto, per l’anno solare 2018, l’aumento del suddetto congedo obbligatorio da due a quattro giorni.

Per il 2019, l’articolo 1, comma 278, legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ha aumentato a cinque il numero dei giorni di congedo obbligatorio.

Il citato articolo 1, comma 354, della l. 232/2016 non ha altresì prorogato per l’anno 2017 il congedo facoltativo, ripristinandolo invece nella misura di un giorno per l’anno 2018.

Per il 2019, l’articolo 1, comma 278, legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ha confermato la possibilità di fruire di un giorno di congedo facoltativo in alternativa alla madre.

Quanto spetta

Il padre lavoratore dipendente ha diritto, per i giorni di congedo obbligatorio e facoltativo, a un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione.

Al trattamento normativo e previdenziale si applicano le disposizioni previste in materia di congedo di paternità dagli articoli 29 e 30, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

Cosa succede nel pubblico impiego

Per quanto riguarda i padri lavoratori dipendenti da amministrazioni pubbliche, il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiarito che il Ministro per la Pubblica Amministrazione dovrà approvare una norma che individui e definisca gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina.

Infatti, il congedo obbligatorio e quello facoltativo del giorno in alternativa alla madre, si applicano solo al lavoratore del settore privato. La normativa sul congedo di paternità fa riferimento alla Legge n.92 del 28 giugno 2012 e da allora si è in attesa delle disposizioni necessarie all’applicazione per i dipendenti pubblici.

Sono passati quindi ben 6 anni e mezzo e  il legislatore non è ancora riuscito ad armonizzare le norme senza creare disparità.

Attualmente, le pubbliche amministrazioni devono, quindi, farsi rilasciare dalle proprie dipendenti in congedo di maternità obbligatoria, una dichiarazione in cui le stesse, sotto la propria responsabilità, debbono attestare se il padre del proprio figlio abbia o meno fruito dei giorni di congedo facoltativo in questione e, in caso di risposta affermativa, ridurre, di conseguenza, il congedo obbligatorio della madre.

Il congedo parentale

Per i genitori esistono anche altre misure di astensione dal lavoro per badare ai propri figli.

Tra queste c’è il congedo parentale che è facoltativo e spetta a entrambi i genitori.

Questa misura ha una durata di 10 mesi (che diventano 11 in casi particolari), cumulabili tra madre e padre, per un massimo di 6 mesi a genitore e può essere usato anche a ore e non solo a giorni.

A livello di retribuzione, il congedo parentale comporta una riduzione dello stipendio fino ai 6 anni di età del proprio figlio. Dopo quell’età il genitore che sceglie di utilizzare questa misura non percepirà alcuno stipendio.