
Il numero di febbraio degli approfondimenti mensili dell’Agenda CISL Scuola 2024/25 si apre con l’articolo della segretaria generale Ivana Barbacci sulla necessità di accelerare i tempi per il rinnovo del contratto istruzione e ricerca 2022/24, a triennio ormai scaduto.
“Ancora una volta la Scuola è in attesa di rinnovare un contratto dopo la scadenza del triennio di riferimento. Un ritardo bruciante, anche alla luce del rinnovo 2021-24 già realizzato da altri comparti pubblici.
L’atto di indirizzo del Governo, senza il quale non può nemmeno partire la trattativa, è tuttora al palo, trattenuto nelle stanze del Ministero della funzione pubblica dove staziona già da tempo, sommando ritardo a ritardo. Un modo di (non) procedere di cui non è certo il sindacato ad avere la responsabilità.
Le nostre, invece, ce le assumeremo come sempre in sede negoziale, con l’ARAN. Non è difficile la previsione che la trattativa sarà complessa, non solo per la parte economica, ma anche sul versante normativo.
In attesa di quel momento, l’analisi delle proposte messe sul tappeto dalle altre sigle sindacali non lascia presagire nulla di buono. Assistiamo a un balletto di cifre in cui si ipotizzano con disinvoltura aumenti che vanno ben oltre i 400 euro medi mensili, assumendo come parametro ora le retribuzioni europee, ora l’erosione dell’inflazione. Volendo partecipare a questo scontato (e puerile) gioco del “più uno”, potremmo rilanciare sull’ordine dei 5-600 euro mensili, stimolando ulteriormente la “creatività dei giocatori.
Purtroppo, però, la partita non si gioca sulle dichiarazioni, ma sui risultati che è possibile conseguire effettivamente al tavolo contrattuale. Bastano un po’ di memoria e di onestà intellettuale per ricordare che i rinnovi del passato, recente e remoto, sono stati sottoscritti rimanendo ancorati alla realtà e non inseguendo vuote fantasie. Tutti (ma proprio tutti) i sindacati rappresentativi hanno seguito questo criterio, almeno per la parte economica, che, nel dicembre 2023, non vide defezioni di sorta, salvo ripensamenti successivi su altri aspetti del contratto.
La condizione retributiva del personale della scuola è lontana dal costituire un equo riconoscimento per un settore tanto importante, sia sotto il profilo della competitività del Paese, sia per garantire a ciascuno il pieno esercizio del diritto di cittadinanza. È una situazione che ha radici antiche, aggravata da un blocco dei contratti di durata decennale, ma inadeguata già prima, per scelte di politica economica mirate a “fare cassa” sulla Scuola.
Il salario europeo è un obiettivo inseguito da tempo, come il sogno d’amore di una nota canzone di Jannacci. Ne parlavamo già all’inizio di questo secolo, di cui abbiamo già consumato il primo quarto. A partire dal 2000 abbiamo avuto quattordici ministri in altrettanti governi; a conti fatti, dieci anni di governo di centro destra, sette anni e mezzo circa di centro sinistra, più tre anni circa di governi tecnici. In più, quasi tre anni a guida M5S, con variegati abbinamenti cromatici e altrettanti avvicendamenti a viale Trastevere. Si fa dunque davvero fatica a trovare, in ambito politico, chi possa considerarsi esente da responsabilità per ciò che si è fatto (e non si è fatto) per la scuola italiana e per chi ci lavora.
Lungi da me il proposito di accomunare l’intera classe politica italiana in un indistinto e generico discredito (mi preoccupa, piuttosto, che un apprezzamento del genere tenda a manifestarlo il 50% delle persone che non votano; ma questo è un altro discorso). Il mio vuol essere soltanto un richiamo alla realtà, mosso non da spirito di rassegnazione, ma dall’esatto contrario, ossia dalla volontà di inseguire e ottenere, col rinnovo del contratto, il miglior risultato possibile nelle condizioni date; impegnandosi a fondo perché quelle condizioni cambino, senza per questo rimanere in una sostanziale inerzia, come avverrebbe rinunciando a svolgere un ruolo negoziale, in attesa più o meno fiduciosa di potersi muovere in uno scenario ottimale.
Per me, per noi della CISL Scuola, fare l’interesse delle lavoratrici e dei lavoratori che rappresentiamo significa, oggi, premere perché si avvii la trattativa di un rinnovo contrattuale che non può subire ulteriori rinvii, essendo già nettamente in ritardo.
Parlavo all’inizio dei contratti di altri comparti, ai quali ritorno perché li considero vicende emblematiche. Il primo è un contratto già firmato, quello dei ministeriali (le cosiddette funzioni centrali della Pa). Sottoscritto a stretta maggioranza, senza la firma di CGIL e UIL. Vorrei capire se, come e quando le organizzazioni non firmatarie sarebbero state in grado di raggiungere un risultato migliore di quello ottenuto, di cui il personale sta già nel frattempo beneficiando, in attesa del successivo rinnovo per il triennio 2024/25.
Il secondo contratto è invece quello della sanità, che invece non si è potuto chiudere mancando per un soffio la maggioranza dei consensi. Anche in questo caso, ma con effetto ben diverso, sono mancate le firme di CGIL e UIL. Segnalo, su questo “mancato rinnovo”, il commento di un’osservatrice attenta della realtà, Milena Gabanelli, diffuso da una rete televisiva che al pari della bravissima giornalista non mi pare abbia mai manifestato particolare benevolenza nei confronti della nostra organizzazione. Un breve video il cui contenuto penso di poter sintetizzare così: impossibile capire quale vantaggio possano avere gli operatori della sanità da un mancato rinnovo che, oltre a privarli dei benefici possibili (per quanto inferiori alle attese), rischia di ostacolare anche quello del triennio successivo.
Com’era prevedibile, l’attesa del rinnovo contrattuale è uno dei temi più toccati nei tanti congressi territoriali ai quali io e gli altri componenti della segreteria nazionale stiamo partecipando in questi giorni. Un tema che, come tanti altri, si trasforma in problema da risolvere, al meglio e al più presto.
Recita un antico adagio: l’ottimo è nemico del bene. Un traguardo ambizioso raramente si ottiene di slancio, quasi sempre ci si arriva passo dopo passo, con pazienza e determinazione. Noi quel passo lo vogliamo fare, facendo di tutto – come sempre – perché sia il più lungo possibile. Chi scegliesse di rimanere fermo, per ragioni più politiche che sindacali o, peggio ancora, sperando che malcontento e disagio possano fruttare ad aprile qualche consenso elettorale in più, si assumerebbe una grave responsabilità.
Agenda CISL Scuola – mese di febbraio 2025
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