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Didattica a distanza, proteggere dal virus non significa esporre gli studenti ad altri rischi

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In questo convulso periodo di quarantena e di sospensione dell’attività didattica, gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado sono sottoposti a continue maratone per inseguire  lezioni a distanza e video-lezioni scaricate da internet e riportate sulle diverse piattaforme digitali del Registro Elettronico: giorni e giorni, ore e ore davanti a computer, tablet e smartphone.

In molti, docenti, dirigenti e genitori hanno  totalmente dimenticato o  rimosso  l’Sos wifi  lanciato tempo fa  da diverse Associazioni,  per sensibilizzare sui danni alla salute legati alle radiofrequenze utilizzate dalle tecnologie senza fili  e classificate dall’OMS come potenzialmente cancerogene per l’uomo, senza trascurare altri rischi come, diminuzione dell’udito, insonnia, cali di memoria, disturbi cognitivi ecc.

Se poi si considera che a  questo tipo di radiofrequenze sono maggiormente esposti i giovani in età scolare, non ci si può interrogare sugli effetti negativi sia a livello fisico, sia a livello cognitivo di quella che potremmo definire una vera e propria “colonizzazione digitale”.

La diffusione in  queste enormi dimensioni  della didattica digitale, già considerata e vista da molti  come un’ anteprima della scuola del futuro, inquieta sia dal punto di vista educativo, sia dal punto di vista sanitario.

Secondo il parere di pedagogisti e psicologi, sul piano del rendimento scolastico il telestudio non migliora l’apprendimento a lungo termine e, banalmente, soprattutto nel segmento della formazione di base dove la scuola e l’educazione sono  fondamentalmente servizio e contatto diretto con la persona, riduce la funzione docente a semplice ruolo impiegatizio.

Marco Gui dell’Università di Milano, andando a scavare nei dati del Sesto Volume del rapporto PISA OCSE 2011, ha  analizzato  i rapporti tra la frequenza d’uso dei media digitali e i livelli di apprendimento ed ha concluso  dicendo che le tecnologie si possono associare positivamente all’apprendimento se si usano in maniera ridotta e limitata, non appena diventano invasive e colonizzano il tempo scolastico, il rendimento scende. A soffrirne di più sono competenze serie come la lettura, scienze  e matematica.

Sul piano sanitario gli studi condotti dalla National Toxicology Program evidenziano un incremento significativo di due tipi di tumore (al cervello e al cuore) nei ratti esposti a radiofrequenze.

Questi sommari dati scientifici dovrebbero farci riflettere sul fatto che le moderne tecnologie applicate all’educazione,   oltre a non essere efficaci, utili e  salutari, hanno un’influenza non positiva sulla formazione e sulle qualità umane.

Si può dire che, anche se utilizzata  e promossa in un periodo di emergenza sanitaria, la  didattica a distanza  condiziona negativamente  i percorsi conoscitivi e crea potenziali danni alla salute.

Per questo, per non generare insidiose illusioni educative, occorre  ridimensionare fortemente, soprattutto in questi giorni di dura prova della tenuta psicofisica e socioaffettiva dei ragazzi,  l’uso della tecnologia, per dare ampio spazio alla lettura, al dialogo in famiglia, all’ascolto  e al racconto vicendevole di storie, alla rielaborazione personale di testi,  alla musica, all’arte, alla  creatività   in tutte le sue forme e manifestazioni.

Per non rimanere indietro con lo studio e il programma,  non servono noiose videolezioni, ma terapie occupazionali, attività, esercizi (i libri di testo sono abbastanza completi e ricchi) in grado di  rafforzare e  stimolare l’impiego di processi cognitivi complessi come  ragionamento, riflessione, pensiero critico,  logico-deduttivo ecc.

Occorre  capire che la scuola non è un servizio pubblico come gli altri. È un servizio alla persona e, perciò,  strettamente collegato ad una precipua funzione axiologica e antropologica: quella di aiutare i ragazzi a compiere un viaggio interiore che permetta loro di vivere responsabilmente nel mondo ed  affrontare serenamente anche il forte dramma che si sta consumando nel quotidiano.

La scuola e la politica, in questo particolare momento,  si adoperino e si impegnino non per produrre una enorme,  quanto inutile,  mole di collegamenti virtuali che avvelenano ulteriormente la mente di ragazzi già contaminati da un uso improprio della tecnologia.

La fatica intellettuale sta nella ricerca di antidoti efficaci alla demotivazione, essenziali e apprezzati modelli  organizzativi comunicativi e relazionali,  condivisi servizi educativi  capaci di scrivere nella mente e nel cuore dei ragazzi per inserirli in una costellazione di valori da scoprire, da amare, da vivere.

Fernando Mazzeo