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Difendere i figli dai prof è sbagliato: i genitori vogliono la promozione e non l’educazione

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Non vivono tempi facili gli insegnanti di oggi. Scarsa considerazione sociale e politica, stipendi bassi e alunni troppo social e poco attenti all’istruzione.

Ma c’è anche un altro problema, ovvero i genitori degli studenti, che come più volte sottolineato dai nostri lettori, spesso non solo sono troppo iperprotettivi con i propri figli, ma tendono a giudicare l’operato degli insegnanti entrando a gamba tesa alle riunioni o al ricevimento insegnanti.

A tal proposito, riportiamo la lettera di un preside pubblicata nel 2014 dal quotidiano La Repubblica in cui a rispondere è Umberto Galimberti, filosofo e docente universitario.

Il preside scrive nella posta dedicata ai lettori curata da Galimberti: “Spesso sembra che ai genitori interessi più la promozione che un’educazione vera.
Consiglio di classe di una terza liceo scientifico, vi partecipano anche i rappresentanti dei genitori. Viene intentato da parte di questi ultimi una sorta di processo nei miei confronti. L’accusa? Mettere voti troppo bassi in italiano e latino. Causando così depressione nei ragazzi.
Mi è stato inoltre ricordato dalla zelante rappresentante di classe che precipuo dovere di un preside è quello di convocare un professore ogni volta che si comporta come secondo lei mi comporterei io. 
E’ vero, non accetto che i ragazzi parlino e scrivano con la povertà espressiva che caratterizza la classe in questione, cerco di lavorare sulle loro competenze linguistiche, che sono davvero scarse. Oltre a farli leggere tanto, spiegare ogni pagina che do loro da studiare, consegno le griglie di valutazione e spiego le ragioni delle insufficienze, che peraltro sono, numericamente, pari a quelle che hanno in matematica. Ma di matematica capiscono solo gli insegnanti di matematica, mentre di italiano capiscono tutti.
Il consiglio di classe mi appoggia pienamente. I genitori, come spesso accade in questi tempi oscuri, sono più miopi dei ragazzi. Loro sembrano nutrire nei confronti degli insegnanti un rispetto e una fiducia che non sempre ho ritrovato nei genitori, più abituati alla difesa incondizionata della prole. Se questo fosse un caso sporadico non avrei sentito il bisogno di raccontare a un giornale questa piccola storia senza importanza; purtroppo si tratta di esperienze vissute spesso dai docenti, circostanza che, forse, dice tanto del mondo di oggi. Lettera firmata”.

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La risposta del filosofo centra benissimo il punto, che dal 2014 ad oggi, non solo sembra avere la stessa gravità ma se dobbiamo considerare le lamentele che arrivano, possiamo affermare che la situazione sta precipitando: “Senza generalizzare, non è difficile constatare che oggi ai genitori sembra non interessi tanto la formazione culturale dei loro figli, quanto la loro promozione, per ottenere la quale, invece di stimolare i loro figli allo studio, la cui scarsa applicazione appare evidente anche a loro preferiscono contestare i professori. Questa operazione incomincia alle scuole elementari, quando i bambini iniziano a conoscere un mondo nuovo rispetto a quello familiare, imparano a socializzare e a proiettare la loro fiducia, prima rivolta ai soli genitori, anche sugli insegnanti. 
Parlar male degli insegnanti davanti a loro, contestarli nelle riunioni di classe, ha come unico effetto non quello di rassicurare i bambini dell’amore dei loro genitori, ma di disorientarli, inducendo in loro quella sfiducia di base, per cui non sanno più di chi fidarsi. Il risultato è la demotivazione e il disimpegno. Non tutti gli insegnanti sono all’altezza del loro compito, ma la contestazione si rivolge soprattutto agli insegnanti più impegnati ed esigenti, perché a rischio c’è la promozione.

La nostra scuola, inoltre, a furia di essere riformata a ogni cambio di ministro, è diventata sempre meno esigente. I ragazzi non conoscono più il loro valore e il loro rendimento perché sono stati aboliti tutti quegli esami intermedi che una volta verificavano la preparazione in seconda e in quinta elementare, in terza media, al termine del biennio delle scuole superiori e infine alla maturità.

Oggi l’esame di maturità è il primo che gli studenti incontrano dopo 13 anni di scuola. E in quell’occasione intervengono medici, dietologi, psicologi e naturalmente i genitori, per assisterli e confortarli in una prova d’esame che prevede la preparazione in sole quattro materie, annunciate con mesi d’anticipo, dove l’insufficiente preparazione può essere compensata da crediti maturati in abilità extrascolastiche o da ricerche improbabili ricavate da internet.

Messa in questione ogni forma di autorità, tollerata ogni forma di indisciplina, giustificato ogni impegno scadente (anche per la complicità di alcuni professori che, per non avere noie con i ricorsi al Tar, promuovono tutti), fatta salva la forma, la sostanza dell’attuale preparazione scolastica è davvero deprimente, per non parlare dell’aspetto formativo a cui la nostra scuola rinuncia, perché già fatica a raggiungere un livello informativo che sia degno di questo nome.

Non a caso siamo agli ultimi posti, non solo in Europa, quanto a competenze letterarie e scientifiche. Ma questo non sembra preoccupare i genitori a cui importa solo la promozione, il diploma, la laurea, a prescindere da quanta cultura è stata acquisita dai loro figli, che poi vengono anche premiati per i risultati raggiunti. Ma non dimentichiamo che un Paese incolto, e che per giunta non legge, in un mondo globalizzato non è in grado di competere con chi è molto più preparato in altre parti del mondo.

 

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