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Diplomati magistrale, i laureati in scienze della formazione non ci stanno: “Congelamento è elogio alla disonestà”

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Nella tarda serata del 2 luglio il Governo ha fatto sapere che la soluzione diplomati magistrale arriverà fra 120 giorni ma, nel frattempo, per garantire il regolare avvio dell’anno scolastico, verrà confermato il ruolo per 5600 maestre immesse in ruolo con riserva. In attesa di conoscere maggiori particolari, arrivano subito le proteste dei laureati in scienze della formazione primaria.

Elogia alla disonestà e scorrettezza

Il coordinamento guidato da Emma Villani, in un comunicato esprime la propria amarezza per questo congelamento che al momento garantisce vantaggi ai diplomati magistrale: “Il provvedimento teso a congelare la situazione delle maestre diplomate ricorsiste per altri 120 giorni, è un elogio alla disonestà e alla scorrettezza, scrive il coordinamento. Sono venuti meno i tre poteri ed è stata elusa una sentenza del Consiglio di Stato per tutelare chi, in virtù di un ricorso infondato (valore abilitante non è sinonimo di valore concorsuale) ha scavalcato e continuerà a scavalcare 110000 docenti che hanno seguito le regole”.

I laureati infatti credono che si stia perpetuando una discriminazione nei confronti di chi ha “investito nella propria formazione”, che si vedono scavalcati da chi ha fatto un ricorso “rispolverando un diploma conseguito 30 anni prima”.

 

Troppo grande il rischio di caos organizzativo

Con il licenziamento anche dei 5.600 mestri con diploma magistrale, troppo grande sarebbe stato il caos organizzativo: l’annullamento delle immissioni in ruolo dei docenti già assunti, con tanto di anno di prova superato, avrebbe infatti scardinato qualsiasi possibilità di salvaguardia della continuità didattica. Anche se però, si parla di una soluzione ponte che ancora deve essere chiarita.

La sentenza del 20 dicembre del Consiglio di Stato

Con la sentenza depositata il 20 dicembre, l’Adunanza plenaria ha infatti totalmente smontato tutto quello che, dal 2014, era stato faticosamente costruito, tassello dopo tassello, nelle aule di Giustizia.

L’Adunanza plenaria giunge a queste lapidarie conclusioni, passando prima attraverso la totale demolizione della sentenza n.1973/2015 emessa dalla VI sezione del Consiglio di Stato, ritenendola errata sotto svariati aspetti e rilevando, comunque, che la stessa non ha efficacia erga omnes, in quanto al DM 235/2014 non può essere riconosciuta natura normativa, quindi attraverso l’enunciazione del principio di diritto secondo il quale si sarebbe determinata una decadenza sostanziale e processuale, in quanto la presunta natura abilitante del diploma, non sarebbe stata “creata” nel 2014 in seguito al parere dello stesso Consiglio di Stato, avendo quest’ultimo semplice natura ricognitiva di una presunta natura abilitante riconosciuta direttamente dalla legge.

Dalla preesistente – e presunta – natura abilitante del titolo, ne deriverebbe la necessità di presentare la domanda di inserimento nelle Gae nel 2007, ossia nel momento in cui le graduatorie permanenti sono state trasformate in graduatorie ad esaurimento, e la conseguente necessità di impugnare il decreto di aggiornamento del 2007, primo e unico, a dire della sentenza in esame, atto immediatamente lesivo.

Quale ciliegina sulla torta, l’Adunanza plenaria ha del tutto smontato anche la teoria della natura abilitante del diploma conseguito prima del 2001/2002.

Secondo il Collegio invero, dal parere del 2013, da cui si è fatta discendere la presunta natura abilitante del diploma, si può ricavare soltanto che il titolo in questione, lungi dall’essere abilitante all’insegnamento, consente solo la possibilità di partecipare ai corsi abilitanti o ai concorsi per titoli ed esame a posti di insegnamento, ma di per sé non consente l’immediato accesso ai ruoli.