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Dirigenti scolastici, valutare per premiare

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Formare, valutare e premiare.
Queste le parole d’ordine della ‘nuova’ Pubblica Amministrazione per abbandonare un approccio puramente amministrativo a favore di una gestione strategica e passare da una logica burocratica a un modello basato su merito, competenze e risultato.
A parte le retorica di tali enunciati, non si può non constatare come ormai da anni i Governi (di qualunque colore) siano stati invasi e influenzati da questa febbre inestinguibile o da questo euforico desiderio di formare (senza sosta), valutare ed, eventualmente, gratificare i suoi ‘impiegati’ (di qualsiasi livello).
Nessun settore dello Stato e nessun suo operatore è riuscito a sfuggire a questo ‘nuovo corso’ della Pubblica Amministrazione (per arrivare ‘a magnifiche e progressive sorti’) tanto meno il mondo della scuola (seppur sia un ‘pianeta’ del tutto particolare).
Qui non solo gli umili lavoratori (docenti e A.T.A.) devono continuamente aggiornarsi, formarsi e riformarsi (col rischio di burn-out o di pesante crisi di nervi), ma anche (forse ancor di più) i Dirigenti Scolastici (chiamarli Presidi adesso è quasi offensivo). Ecco qui dunque che il Ministero dell’Istruzione (e del merito) ha prontamente decretato un ‘sistema nazionale di valutazione dei Dirigenti scolastici’, al fine di aumentare la professionalità dei Dirigenti (e le loro retribuzioni) e migliorare la qualità del servizio scolastico.
Poco importa se il CSPI ha dato un parere (non vincolabile) assai prudente e in parte negativo su questa decisione, il Ministero ha deciso di ‘tirare diritto’ (a tappe forzate) e già a partire da quest’anno scolastico (al massimo il prossimo) la valutazione dei Dirigenti scolastici verrà avviata, senza perdita di tempo (chiedere qualche parere in più ad esperti del settore sarebbe ovviamente inutile!).
Ho avuto modo di esaminare (in minima parte e limitatamente alle mie esigue competenze) il documento ministeriale in questione. La forma (tecnico-burocratese) è perfetta e, in fondo, gli intenti sono condivisibili.
Del resto si è dovuto tener conto di un cambiamento assai importante: l’attuale identità del Dirigente scolastico.
Un tempo il Dirigente era un Preside, un ex-docente che ancora conservava l’animo del docente e guidava, con l’animo del buon padre (o madre) di famiglia scuole di piccole dimensioni (e meno globalizzate).
Ora, a partire dalle riforme scolastiche del 1993 (tese sensibilmente al risparmio), il Preside è diventato un Dirigente di una ‘azienda grande’ (la scuola gigante) e il suo carattere ha assunto sempre più tratti amministrativi-manageriali a discapito di quelli pedagogici-didattici.
Capo di un grande conglomerato educativo, i suoi incarichi si sono moltiplicati (e appesantiti) in misura esponenziale e, nella impossibilità obiettiva di seguire dettagliatamente ogni attività della sua ‘scuola grande’ (impossibilità dovuta, a volte, anche ad una incompleta o non specifica preparazione iniziale), si affida a un numero elevato di collaboratori a cui, spesso, delega molti dei suoi compiti (di solito si tratta di docenti già fortemente impegnati).
Lo si potrebbe paragonare ad un Presidente del Consiglio che deve (secondo Costituzione) dirigere la politica generale del Governo e coordinare l’attività dei Ministri. Così (e su questo alla fine verrà valutato e gratificato) il Dirigente scolastico dovrà dimostrare capacità e competenze coordinative, gestionali e manageriali e un’alta efficienza amministrativa e organizzativa, sovraintendere dall’alto, con una visione olistica, il buon funzionamento della ‘sua’ macchina scolastica, impegnarsi al massimo perché tecnicamente tutto proceda (quasi in automatico) alla perfezione. Un altro ruolo, insomma, rispetto al passato, una delicata e fondamentale funzione (adatta a persone capaci, competenti, altamente e dettagliatamente istruite e dalla forte tenuta fisico-psicologica) dal taglio imprenditoriale.
Un Dirigente manager che però potrebbe perdere di vista (lo ripetiamo), anche involontariamente, l’aspetto pedagogico, formativo ed educativo della scuola (il più importante).

Sarà probabilmente anche opportuno e giusto, visto la complessità gestionale delle nostre scuole ‘grandi’, che il Dirigente scolastico (e non solo) sia continuamente aggiornato e valutato (purché non sia stressato), ma è doveroso sottolineare che la validità (e quindi la valutazione) di una scuola (e di tutti i suoi operatori) non si può determinare in poco tempo né tanto meno attraverso procedure informatiche. Se gli allievi che escono da una determinata scuola si dimostreranno corretti, responsabili e onesti cittadini, bravi mariti e padri di famiglie (o mogli e madri di famiglia), abili e capaci professionisti e, comunque, nel loro agire sociale cercheranno sempre il bene comune e la giustizia (forse c’è un po’ di retorica!) allora la scuola in cui hanno trascorso la loro adolescenza e maturità e che li ha ben formati ed educati, allora quella scuola (Dirigente, docente, personale A.T.A.) sarà valida e meritevole di encomio (occorrono però molti anni per saperlo). E poi questa introduzione della ‘valutazione dirigenziale’ arrecherà giovamento alla scuola (a chi vi studia e a chi vi lavora)? Che almeno non sia di nocumento!

Andrea Ceriani