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Don Milani e un’esperienza da non dimenticare

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Cinquanta anni fa, don Lorenzo Milani veniva nominato priore della Chiesa di Sant’Andrea di Barbiana. Il giorno dopo il suo arrivo in questo piccolo centro, il sacerdote raggruppava attorno a sé i pochi ragazzi delle famiglie contadine della zona e cominciava a fare scuola. Don Milani lanciò la sfida del tempo dei ragazzi come spazio di senso dentro e oltre la scuola, nella vita di tutti i giorni, nei valori per cui vale la pena crescere e diventare adulto: "…ai ragazzi ci vuole uno scopo, che sia alto, che valga la pena: dedicarsi agli altri…".

Con Barbiana e con il libro "Lettera a una professoressa", il tempo pieno è diventato l’orizzonte pedagogico che conteneva contemporaneamente sia l’idea del rispetto dei bambini e dei ragazzi, sia l’idea del riscatto sociale.
Intervenendo sui contenuti che hanno caratterizzato la terza edizione della Marcia di Barbiana, che si è svolta lo scorso 16 maggio, Alba Sasso, componente Ds in Commissione Cultura alla Camera dei Deputati, ha sottolineato che "ripartire dall’esperienza della scuola di Barbiana, dalla lezione ancora viva ed attuale di don Lorenzo Milani si può e si deve, soprattutto oggi, in un momento aspro della vita civile, politica e culturale del nostro Paese, un momento che sta segnando in maniera profonda il sistema educativo e scolastico italiano".

Alba Sasso ha inoltre affermato: "Penso alla scuola come strumento di emancipazione e di promozione sociale, penso alla scuola che dà di più a chi ha di meno, che si preoccupa dei ragazzi che perde e infine penso alla scuola come luogo di elaborazione di quei valori collettivi e condivisi che rappresentano il fondamento della convivenza civile e del tessuto democratico di un Paese".
La rappresentante dei Democratici di sinistra ha anche evidenziato come l’iniziativa della Marcia di Barbiana rappresenti un’occasione ulteriore per dare forza e coesione ad un movimento ampio e plurale di genitori, docenti, studenti che vogliono lavorare per una scuola sempre migliore e che non intendono rinunciare al valore civile, politico ed etico della scuola pubblica, "presidio insostituibile di libertà e di democrazia".