
Il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti ha ripercorso, in un’intervista a La Repubblica, la sua esperienza a scuola e quella da insegnante, prima nei licei e poi all’Università. Ecco cosa ha detto.
Ecco, innanzitutto, un aneddoto: “Io a scuola sono sempre andato maluccio, mi ci hanno mandato un anno prima e ho fatto una gran fatica. In seconda liceo scrissi due righe di saluto a un professore che andava in pensione e lui mi disse: ‘Umberto neanche un biglietto sai scrivere in italiano!'”.
“E poi, proprio quell’anno, mi sono ritirato dal seminario e ho iniziato a studiare da solo il programma della seconda e della terza liceo classico. Mi sono messo sui libri e ho chiesto solo una mano per trigonometria a un amico dell’oratorio che si stava laureando in matematica. All’esame di maturità ho preso tutti 8, 9, 10. Hanno pubblicato il mio tema sul giornale di Varese e ho vinto due borse di studio”, ha raccontato.
“A scuola hai il dovere di preoccuparti se gli alunni ti capiscono”.
Ecco le sue parole sulla scuola: “Ho capito che se uno mi insegna io non imparo. Per me, l’unico modo per imparare è studiare da solo. Il mio segreto, questo lo posso dire, è aver insegnato 15 anni al liceo prima di arrivare all’università. È stato fondamentale perché a scuola hai il dovere di preoccuparti se gli alunni ti capiscono. Questo è stato importante anche per l’analisi: non è sufficiente che tu dica al paziente qual è il suo problema, bisogna che ci arrivi lui e il compito dell’analista è quello di metterlo sulla buona strada”.
“La verità è che avrei voluto fare medicina, ma costava troppo e allora ho ripiegato su filosofia. Nessun segreto, è stato il caso”, ha concluso.
“La scuola italiana non educa”
Galimberti, mesi fa, ha, ripetuto alcuni concetti a lui cari sulla scuola: “La scuola italiana non educa. Il fallimento della scuola è un vantaggio enorme per il potere. Più l’umanità è ignorante più il potere può. Educazione significa condurre. La scuola italiana istruisce, quando ce la fa, ma non educa. Istruzione è trasmettere competenze; ma Platone dice che la mente si apre se prima si apre il cuore. Per seguire i processi di evoluzione dei ragazzi bisogna avere classi di massimo 12-15 studenti. Se la scuola crea classi di 30 ha deciso a priori che non si può educare”, ha aggiunto.
“Le madri parlano ai figli a livello fisico: ‘non uscire con i capelli bagnati’, ‘vestiti bene’. Mai una domanda che si elevi dal punto di vista psicologico come: ‘sei felice?’. Così il bambino inizierebbe a pensare che esiste un altro mondo oltre ai capelli bagnati ecc. Ci sono solo 12 anni di vita per poter parlare con i bambini. In cambio di parole mancate i genitori riempiono i bambini di regali. Questi regali sono delitti, uccidono il desiderio, che è mancanza. Se una cosa la dai prima che sia desiderata uccidi il desiderio. Poi i genitori dicono che i figli non desiderano niente, che sono indifferenti a tutto”, ha concluso.