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Giovani e lavoro: qualcosa non funziona

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Il Sole 24 Ore sottolinea pure che i tirocini, fra le esperienze di lavoro, sono quasi sempre a costo zero e di durata inferiore ai tre mesi e coinvolgono appena il 47% degli studenti di scuola superiore e il 52% di quelli iscritti all’università.
I laureati italiani tra i 30 e i 34 anni d’età sono il 21,7% della popolazione, contro una media Ue del 35,8% e questo non incide favorevolmente perché la differenza nella retribuzione con i diplomati si ferma al 36,2% (media Ue 48%) e l’incidenza nelle professioni ad alto tasso di qualifiche supera appena la metà (53,6%, media Ue oltre il 70%).
L’Italia, scrive sempre Il Sole, si conferma il paese Ue con la più bassa incidenza di under 30 sui contratti di assunzione: un giovane “reclutato” ogni 10 posizioni aperte. In Germania e Regno Unito la proporzione sale del doppio e del triplo, con rapporti stabili anche in piena recessione a 2,6 su 10 e a 3 su 10.
Il gap si rispecchia in una probabilità di disoccupazione che sembra ancorata più all’età che al curriculum.
Secondo un’elaborazione McKinsey su dati Eurostat, per gli under 30 la possibilità di essere inattivi è di 3,5 volte superiore a quelle dei colleghi che rientrano nella popolazione adulta.
Il confronto con l’Europa è spietato: la forbice, sul tasso medio di disoccupazione registrato tra 1992 e 2013, oscilla tra il 2,3 della Gran Bretagna, il 2,2 della Francia e addirittura l’1,2 della Germania. E tra la province italiane? La frattura si allarga. In città dove i tassi di inoccupati sopra i 30 o i 40 anni d’età viaggiano su standard (relativamente) positivi, le percentuali si gonfiano fino a sei volte tanto nella fascia tra 15 e 29 anni. A Pavia e Verona, rispettivamente prime e seconde nel ranking di «massima criticità» elaborato da McKinsey su dati Eurostat, una disoccupazione adulta del 4,1% e del 2,4% cresce tra gli under 30 fino al 24,4% e al 13,8%.