Gli stipendi di docenti e Ata i più bassi della PA, dal nuovo contratto pretendiamo un aumento aggiuntivo: intervista a Barbacci (Cisl)

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Ivana Barbacci, segretaria generale Cisl Scuola, è delusa: “le modifiche apportate in Senato al decreto legge 36 non sono apprezzabili, tanti lavoratori con lo sciopero del 30 maggio scorso volevano lo stralcio di parti significative”. Lo dice apertamente, in una video intervista alla Tecnica della Scuola.

La partita, comunque, anche sul contratto, non è chiusa. Mercoledì 22 giugno, alle ore 18, i sindacati organizzeranno una grande assemblea pubblica, in piazza Vidoni, per poter dialogare con i parlamentari e rilanciare le proposte in modo unitario. “Perché il DL 36 – dice Barbacci – è disallineato rispetto all’Atto di indirizzo del contratto. C’è un problema non solo normativo-legislativo, ma anche di coerenza degli atti”.

La sindacalista ricorda che “c’è una guerra in atto, una crisi energetica con costi elevati, ma pure una significativa crisi delle retribuzioni”.

Il milione e 250 mila dipendenti della scuola sono i meno pagati della PA: “28 mila euro l’anno, contro una media di 33 mila. Quindi, l’aumento contrattuale in percentuale è più basso che per funzioni centrali, enti locali e sanità”. Servono quindi delle ‘quote parte’, “da assegnare solo alla scuola, i cui dipendenti hanno maggiori responsabilità e impegni”.

Per il contratto, aggiunge Barbacci, “servono interventi per modificare carichi di lavoro e responsabilità. Non possiamo più governare la scuola con la calcolatrice: va abbassato il numero di studenti per classe. Se è vero che siamo carenti in termini di competenze linguistiche e scientifiche, come dicono gli studi Ocse-Pisa e Invalsi, vuol dire che serve una didattica più personalizzata. Non si può toccare la ‘carne vita’ della scuola, tagliando il personale”.

Barbacci ha quindi fatto riferimento ai 30 miliardi di euro alla Missione 4, per il comparto Istruzione, Università e Ricerca.

Da un lato il Pnrr invoca “un nuovo modello didattico, un recupero delle aree interne e un superamento dei divari territoriali, l’ampliamento del tempo scuola”.

E ancora: “la denatalità va combattuta, con politiche attive sul lavoro, innanzitutto rilanciando l’occupazione femminile: se non nascono bambini è perchè le giovani donne non si sentono tutelate ed in grado di implementare il progetto di un figli”.

Servono quindi “una serie di interventi strutturali, per superare il decreto 81/09 e abbassare il numero di studenti per classe”.