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Ha vinto il rumore

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La democratizzazione della comunicazione portata dai social network, che teoricamente avrebbe dovuto elevare il livello culturale, ha invece amplificato la mediocrità, rendendola dominante. Un tempo, certi fenomeni restavano confinati a piccoli gruppi; oggi, il web ha offerto loro una cassa di risonanza globale, trasformando la banalità, la volgarità e il vuoto in norma.
È frustrante vedere talento, cultura e profondità messi da parte in favore di contenuti facili, immediati e superficiali. L’idea che “uno vale uno” si è tramutata nel trionfo della mediocrità, dove chiunque può ottenere visibilità (complice un’informazione sempre più schiava dei like) senza preparazione, senza talento, senza merito, ma con la sola capacità di attirare attenzione.
Questa deriva è allarmante: appiattisce tutto verso il basso, verso una semplificazione estrema, svuotando di significato ciò che un tempo aveva valore. Non si cerca più di offrire contenuti di qualità, ma solo di riempire contenitori vuoti. Ed è in questa inquietante mediocrità che stiamo facendo crescere le nuove generazioni.
In qualità di insegnante in una scuola superiore, ho avuto modo di conoscere molti cantanti della nuova generazione, che non nominerò, ma che sono ampiamente diffusi e ascoltati online dai giovani, in particolare sulla principale piattaforma di streaming musicale. La cosiddetta musica “Trap” è un genere che sembra mancare di una vera identità. Spesso dozzinale e caratterizzata da testi scadenti, infarciti di volgarità, non rappresenta una reale evoluzione musicale, ma si limita ad assecondare una parte della società che privilegia il “rumore” a discapito della competenza, della tecnica, del talento e dei valori. Per non parlare poi dei vari influencer e “content creator” davvero sconcertanti.
Eppure, forse, non tutto è perduto. La storia è fatta di cicli e contrappesi, e potrebbe arrivare il momento in cui la qualità tornerà a imporsi, in cui una nuova generazione riscoprirà il valore della cultura e dell’arte autentica. Per ora, la voce dominante è quella del rumore, non della melodia.
Ma per creare una melodia bisogna saper leggere uno spartito, e per leggerlo servono studio e sacrificio.
Ormai, però, sembra che nessuno sia più disposto a farlo.
Per fortuna, c’è ancora chi resiste e custodisce un senso di profondità e bellezza. La vera domanda è: ci sarà ancora qualcuno disposto ad ascoltarli?

Joseph Zicchinella