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I dubbi e le incertezze della politica non ricadano sulla scuola

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La scuola ai tempi del Covid è diventata occasione di confronto, ma anche di scontro, di conflitti che, come ben si sa, comportano tensioni endogene ed esogene che possono essere affrontate, risolte o negate.

In modo particolare, l’esperienza della Didattica a Distanza e della Didattica Digitale Integrata, sta conducendo tanto a chiusure difensive, quanto ad una ricerca di confronto e di dialogo.

La scuola, se guidata da una efficace riflessione pedagogica capace di porsi come sapere progettuale, assume un compito etico-politico e una valenza socio-culturale, che può trasformarsi in scelte effettivamente capaci di innovazione e di progresso.

Questo, ovviamente, comporta alcune riflessioni. L’affrettata e poco efficace pianificazione delle misure e degli interventi compensativi sono un limite che si può superare soltanto con l’attivo impegno da parte di tutti a destrutturare i conflitti tra il centro e la periferia, tra le persone e le istituzioni e favorire ogni forma implicita ed esplicita, diretta e indiretta, di ricerca di soluzioni ragionevoli, efficaci e ben ponderate, per la salute, il benessere e la sicurezza.

È sotto gli occhi di tutti che le strategie politico-educative legate alla gestione dell’emergenza sanitaria e al conseguente distanziamento sociale, culturale, formativo e didattico, hanno generato estraneità, favorito la nascita di stereotipi, pregiudizi e smascherato superficialità, approssimazioni e inefficienze.

Si comprende che la scuola è ormai l’ombra di se stessa, è alla fine di un’epoca e all’inizio di una fervente conversione rigeneratrice.

Da ciò derivano alcune lezioni che ci pongono un nuovo compito educativo: recuperare la dimensione creativa in cui possano ricomporsi nuovi e antichi valori.

Come educatori non possiamo non volere una scuola che abbia nella società il suo posto, che diventi incontro e confronto che si fa conoscenza, intesa, alleanza e solidarietà.

Purtroppo, in questo particolare periodo storico, la scuola e l’educazione non costituiscono più un sistema di riferimento, un’appartenenza, un quadro valoriale e, comunque, un contesto in cui si snodano le relazioni sociali e personali.

L’emergenza sanitaria, anziché avviare un’azione coordinata tra scuola e media sociali, sta generando accesi scambi comunicativi che non aiutano i docenti a riconoscersi come parte di un gruppo, come io e come noi.

Questa mancanza di reciprocità induce ad interpretare le problematiche educative in termini esclusivamente polemici e soggettivi. La scuola, molto più vulnerabile di quanto non lo sia solitamente, è diventata il simbolo di un malessere a cui è importante porre rimedio. I docenti, giorno dopo giorno, si sentono sprofondare in un clima opaco, carico di incertezze e di sospetti, alunni e famiglie, come anime in pena, si spostano continuamente da un’ idea all’altra, DID, DAD, in presenza, e cercano il sostegno di menti capaci di dare un senso di equilibrio e tranquillità.

Spesso, però, è proprio questo senso di equilibrio e tranquillità che mancano. La scuola con i suoi continui cambiamenti e ripetitivi movimenti come in un film di Charlot, è sempre in lotta contro il tempo, sfugge, si frantuma in una infinità di azioni che non si concludono mai, come un mosaico spezzettato, privo di senso.

La normalità è ancora lontana, il rientro in classe è incerto, e non è semplice per genitori e docenti liberarsi dalle proprie paure ed evitare inopportuni carichi di responsabilità che si traducono in controproducenti meccanismi di difesa, che rischiano di peggiorare la situazione invece di migliorarla: le scelte per una didattica in presenza o a distanza sono e devono essere politiche, non possono essere affidate alla discrezionalità delle famiglie.

Certo, oggi non è facile uscire dal vortice dell’incertezza e intervenire in modo adeguato per superare le difficoltà, ma le decisioni devono essere chiare ed esplicite: o tutti a casa o tutti in presenza con le dovute garanzie.

Negli spazi sociali e fisici in cui si esplica la relazione educativa, preoccupa soprattutto la mancanza di entusiasmo, di interesse a modificare una situazione scolastica compromessa da eccessivi conflitti, disattenzioni, rivalità, gelosie, tradimenti¸ prevaricazioni, incongruenze che inducono a scetticismo circa le chiavi di lettura dei nuovi processi formativi affiancati dalla comunicazione telematica, con le sue diverse possibilità di scambio comunicativo (sincrono e asincrono).

La scuola non ha solo una funzione educativa, ma rappresenta un vero e proprio campo d’azione sociale. il gruppo classe comprende tutte le varianti di carattere e di personalità, e forma un microcosmo sociale più o meno completo.

Ogni ragazzo porta nel gruppo  se stesso, con le sue doti e le sue mancanze, il suoi sentimenti e i suoi conflitti, i suoi desideri e le sue paure. E trova inevitabilmente nei rapporti con i compagni, come in un gioco di specchi,  chi rappresenta un amico e chi un nemico, chi un uguale con cui affiatarsi e chi un diverso con cui confrontarsi.

I dubbi, i timori e le incertezze della politica non possono ricadere sui docenti, sugli alunni e sulle loro famiglie. Occorrono interventi rapidi e risolutivi.

Fernando Mazzeo