Home I lettori ci scrivono Il Dirigente Scolastico risolutore di conflitti e valorizzatore delle professionalità

Il Dirigente Scolastico risolutore di conflitti e valorizzatore delle professionalità

CONDIVIDI

La scuola è un’organizzazione complessa, formata da un insieme di persone formalmente unite per raggiungere uno o più obiettivi comuni che individualmente riuscirebbero difficilmente a raggiungere. È caratterizzata da una struttura gerarchica e da relazioni di tipo formali. La parte formale dell’organizzazione che è visibile a tutti (utenti, stakeholder etc) è costituita dall’insieme di norme, codici e comportamenti che disciplinano la struttura interna. Accanto alla parte formale, vi è una parte informale, non visibile dall’esterno, composta da tutti i rapporti interpersonali, di relazione, che si instaurano tra gli stessi membri dell’organizzazione. Gli elementi fondamentali di ogni struttura sono la “mission” – insieme delle operazioni intraprese dall’organizzazione per collocarsi in modo strategico all’interno del settore di riferimento – e la “vision” – insieme di obiettivi che l’organizzazione si propone, in un lungo periodo, di realizzare -. La complessità dell’organizzazione deriva dagli sforzi che vengono messi in atto singolarmente dai membri per ottenere la prestazione finale. Fondamentali, a questo punto, risultano i legami che si sviluppano tra i componenti dell’organizzazione. In un’organizzazione complessa come la scuola è importante che i conflitti non degenerino in ostilità permanenti e che il clima relazionale produca un malessere crescente destinato ad espandersi con ricadute negative su tutta l’organizzazione scolastica (diminuzione del senso di appartenenza alla comunità e della motivazione al raggiungimento di fini comuni, disfunsioni organizzative nell’andamento generale, mancanza di coordinamento e di unitarietà nelle azioni intraprese, generale disorientamento di tutti gli operatori scolastici e ripercussioni inevitabili sulla qualità del servizio offerto all’utenza). Il dirigente scolastico, così come delineato dall’art.25 del D.Lgs. 165/2001, è garante dei diritti costituzionali, assolve al suo ruolo di mediazione, di coordinamento e di indirizzo promuovendo ogni intervento idoneo ad assicurare la qualità dei processi formativi, la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio. Il dirigente, in qualità di leader educativo, riveste una posizione centrale in tutta l’organizzazione ed ha il compito principale di incorporare la linea politica nel tessuto sociale, definendo i valori comuni e l’identità distintiva dell’istituto, ricomponendo ogni possibile conflitto interno che possa minacciare l’integrità della struttura. Nell’assolvimento della leadership è compito principale del Dirigente Scolastico risolvere i conflitti e stimolare la comunità scolastica a progettare e sperimentare soluzioni sempre nuove, coordinando e motivando gli attori della sua organizzazione per realizzare sempre nuovi obiettivi comuni. In questo modo il Dirigente Scolastico, in un contesto di autonomia, non è più un semplice amministratore che esplicita regole e controlla applicazioni, ma è chiamato a sviluppare competenze nuove per gestire al meglio le risorse umane, finanziarie e strumentali, stando particolarmente attento agli aspetti amministrativi ed organizzativi e rendicontando i propri risultati.
Ma quali azioni il DS deve promuovere al fine di creare una scuola sempre inclusiva, intesa nella sua accezione più ampia?
Come afferma Anthony Robbins il Dirigente scolastico, quale leader, deve :
avere coscienza di sé,
essere consapevole delle proprie capacità e saperle usare al meglio per il raggiungimento dei propri obiettivi,
essere credibile, affidabile, onesto e leale,
essere empatico, cioè capace di ridurre le incomprensioni e saper puntare sulle giuste leve motivazionali delle persone che fanno parte della sua “comunità”,
saper sviluppare un’ottima capacità di comunicazione, sia nell’esprimersi che nella capacità di ascoltare e capire in modo “attivo”.
Il Dirigente Scolastico, infatti, attraverso la sua leadership, fa leva sull’empowerment che riguarda tutti i soggetti ed ha l’obiettivo prioritario di rispondere adeguatamente ed orientare le azioni alle esigenze di una società in continua evoluzione. L’attività di enpowerment si esplica con la valorizzazione delle risorse umane, puntando sull’aggiornamento professionale dei propri docenti, sull’attivazione di percorsi comunicativi adeguati e sulla condivisione di obiettivi e responsabilità, così come ribadito dal D.Lgs. 150/2009 e dai commi 70 e 78 della L. 107/2015. Il DS nell’esercizio della sua attività di enpowerment organizza e gestisce meglio il lavoro all’interno della scuola, concorda le sfide con il territorio e con gli altri attori sociali puntando sullo sviluppo delle competenze professionali connesse alla promozione della didattica e della qualificazione dell’offerta formativa. Valorizzare significa saper riconoscere le competenze e le caratteristiche professionali ed umane di una persona, vuol dire creare tutte le occasioni per utilizzare queste doti personali possedute per metterle al servizio di tutta la comunità scolastica.
Fondamentale, inoltre, è che il Dirigente Scolastico possieda “intelligenza emotiva”. Come afferma Daniel Goleman, nel volume “Emotional Intelligence: Why it can more than IQ”, l’intelligenza emotiva viene intesa come capacità di governare le proprie emozioni e i propri sentimenti e di coinvolgerli verso atteggiamenti positivi che possono favorire lo studio, il lavoro ed i rapporti interpersonali. Per creare un ambiente di lavoro emotional-friendly innanzitutto occorre aumentare l’intelligenza emotiva all’interno delle organizzazione. Inoltre, pratiche come l’experience design possono aiutare a scoprire i bisogni e le motivazioni dei lavoratori e a capire come migliorare la loro esperienza lavorativa. Negli ambienti incentrati sulla persona i collaboratori si sentono più apprezzati e connessi all’organizzazione e sono incoraggiati a esprimere e condividere le proprie emozioni e possono, conseguentemente, dare il meglio al lavoro a beneficio delle persone, del team e dell’intera organizzazione. Non è quindi un caso che l’intelligenza emotiva sia stata inserita dal World Economic Forum tra le prime 10 competenze richieste entro il 2020.

Cettina Calì-Ibycus