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Il “Far West” sul bonus docenti

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L’attribuzione del cosiddetto “bonus”, il premio ai migliori docenti, previsto dalla buona scuola di Renzi si sta rivelando una sorta di “Far West” anche per giornali lontani dal mono della scuola.

Wired.it  parla addirittura di “criteri fantasiosi” che alcune scuole stanno mettendo in piedi, approfittando dell’autonomia scolastica, mentre occorrevano criteri più definiti, stabiliti dal ministero con una consultazione specifica.

E invece sta saltando fuori un po’ di tutto. Tanto da trasformare un meccanismo in linea di principio accettabile nella solita corrida con un pugno di spiccioli in mano, compreso il ruolo incombente dei dirigenti scolastici.

 

LA TECNICA DELLA SCUOLA E’ SOGGETTO ACCREDITATO DAL MIUR PER LA FORMAZIONE DEL PERSONALE DELLA SCUOLA E ORGANIZZA CORSI IN CUI È POSSIBILE SPENDERE IL BONUS.

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Qualche esempio, tenendo presente che a questa valutazione, e dunque all’eventuale premio, concorrono solo i docenti di ruolo.

Un istituto calabrese intenderebbe distribuire il bonus ai prof che hanno raccolto meno “punti di penalizzazione” durante l’anno scolastico (si tratta di punteggi assegnati in base a una serie di parametri, fra cui le assenze anche per malattia, nel caso in cui la scuola abbia scelto di utilizzare un sistema a punteggio sulla scorta di simili esperienze iniziate nel 2011-2012).

Altrove i dirigenti possono assistere a qualche lezione e valutare direttamente. Qualcuno ha perfino parlato di “presidi sceriffo”, che tenderebbero a premiare chi non fa assenze e a penalizzare chi è in conflitto con il responsabile della scuola.

Altri istituti hanno invece scelto la strada dei questionari valutativi anonimi da consegnare agli studenti o anche, a seconda delle situazioni, a genitori e insegnanti.

Insomma i rinnovati comitati di valutazione dei singoli istituti se le stanno inventando di ogni colore considerando anche il poco tempo  a disposizione per decidere la distribuzione di questi bonus.

Fra l’altro  l’articolo 129 della Buona Scuola lascia  troppo margine di manovra ai comitati di valutazione. Che finiscono così di partorire mostri valutativi senza capo né coda. Col rischio di distribuire alternativamente quei fondi o a pioggia, senza alcun senso, o selezionando pochi professori sulla base di qualche “referendum” anonimo.