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Il passaggio dal Welfare Sociale al Welfare del Monopolio Statale

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Sentiamo spesso proclamare che siamo ad una svolta: quella di un nuovo Welfare per l’Italia. Ma urge dare un significato oggettivo e reale alle parole. Proviamoci. Non possiamo cedere alle sirene che ci ammaliano e agli spot che si moltiplicano a causa dell’ignoranza dilagante!

Abbiamo un Premier che si definisce garante dei diritti dei cittadini. Registrando questa intenzione – ottima, almeno in linea di principio, perché in sintonia con il fatto che l’Italia, Stato di diritto, mira a garantire i diritti che ha riconosciuto nella Costituzione –, io continuo a chiedere che la garanzia di tali diritti fondamentali e irrinunciabili sia effettiva.

Ad esempio, l’Art. 30 afferma che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli. Le parole hanno un peso, e lo hanno ancor più per un avvocato e per quei ministri che si fanno paladini dei cittadini italiani. Ebbene, proprio questi cittadini non possono di fatto agire in modo libero la propria responsabilità educativa (riconosciuta dalla Costituzione e da miriadi di altre normative) a causa di una delle più gravi discriminazioni esistenti, cioè quella economica. Ne chiedo conto al Governo.

E chiedo conto al Parlamento di come vengono utilizzati i 10.000 € di tasse destinate agli allievi che frequentano la scuola statale, i quali però si trovano a dover fare i conti ogni giorno con la carta igienica che manca e con la risma di carta da portare.

Mancano 1.800 presidi, con reggenze che vedranno quadruplicate le sedi e raddoppiati gli alunni; 80.000 saranno i posti coperti da supplenti (quando arriveranno); 50.000 cattedre di sostegno saranno “in deroga”, ovvero posti a tempo determinato, a scapito dei bambini e ragazzi disabili; e 2.000 sono i direttori dei servizi amministrativi mancanti.

Insomma, i cittadini avranno pur diritto di sapere come vengono impiegati questi 10.000 € per allievo (e si tratta di 7.682.635 studenti) e potranno ben domandarsi perché sentano tanto spesso proclamare: «Tagliamo i soldi alle scuole paritarie – cioè 500 € per ogni allievo (e si tratta di 879.158 studenti) – così risolleveremo la scuola statale!». Come si fa a credere che il cittadino non sappia eseguire qualche semplice operazione?

€ 10.000 – € 500 = € 9.500 ad allievo (quelli che la scuola paritaria fa risparmiare ai cittadini);

€ 10.000 + € 500 = € 10.500 (quelli che destineremo alla scuola pubblica statale).

Non è possibile pensare di risolvere in questo modo problemi che affondano le radici in una totale assenza di autonomia, leadership, valutazione e meritocrazia.

La scuola statale, bacino di voti, continua ad essere considerata un ammortizzatore sociale. Siamo ben lontani dal porre al centro lo studente, il diritto dei genitori a educarlo, i buoni docenti valorizzati. Non c’è spazio per la meritocrazia in uno Stato che fa dell’assistenzialismo sociale la propria bandiera.

€ 10.500 x (7.682.635 + 879.158) = € 89.898.826.500: la spesa totale per gli allievi che frequentano tutti la scuola statale in regime di Monopolio;

€ 5.500 x (7.682.635 + 879.158) = € 47.089.861.500: la spesa totale a fronte dell’applicazione del costo standard di sostenibilità in un Welfare democratico che incentivi la libertà e gestisca in modo oculato le tasse dei cittadini.

 

Il costo standard garantirebbe il diritto dei genitori alla libertà di scelta, degli allievi a studiare senza alcuna discriminazione economica, dei docenti ad insegnare, a parità di titolo, con il medesimo stipendio, della scuola statale a funzionare con la leva dell’autonomia, dei cittadini ad avere le migliori scuole grazie alla meritocrazia, alla valutazione, alla libera concorrenza sotto lo sguardo garante dello Stato.

Ed è qui che mi sorge il dubbio: se una operazione di diritto civile, nonché di grande interesse economico e valore culturale, come quella rappresentata dal costo standard (che ci permetterebbe, oltretutto, di non essere la più grave eccezione in Europa) non viene attuata, non è forse perché uno Stato di diritto, al fine di garantire i diritti che riconosce, dovrebbe essere in grado, per preparazione e trasparenza, di esercitare un effettivo controllo, chiudendo gli pseudo diplomifici? E invece no: chi potrebbe e dovrebbe smantellare questa stortura, per quanto residuale, la utilizza invece per confondere le acque e distrarre i cittadini dall’unico e reale diritto riconosciuto e non garantito, vale a dire la libertà di scelta educativa dei genitori!

A meno che non si intenda fare riferimento a quelli «incapaci di intendere e di volere» di cui al comma 2 art. 30 (per loro provvede lo Stato). E così, nella confusione generale, i cittadini diventano sudditi…

Ma io non ci sto! E continuo a chiedere che vengano poste in fila le questioni e che chi deve intervenga affinché:

  • chiarisca se i genitori hanno o no il diritto ad agire la propria responsabilità educativa a costo zero avendo già pagato le tasse;
  • qualora confermi la validità degli articoli 2, 3, 30 e 33 della Costituzione Italiana, dell’art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, della legge 32/2000, del decreto Imu 2014, di variate raccomandazioni UE 1984/2012/2014 e della sentenza della Commissione Europea 2018, si affretti ad eliminare questa situazione discriminante nei confronti delle famiglie.

Tertium non datur. E certamente questa penna ha una riserva di inchiostro sufficiente per continuare a tener desta l’attenzione dei cittadini. Che tipo di Welfare stiamo costruendo?