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Il reclutamento dei docenti: il caso del Tfa degli insegnanti di lingue all’ateneo di Verona

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Il decreto ministeriale numero 139 del 2011 stabiliva che la formazione iniziale degli insegnanti dovesse avvenire tramite Tirocinio Formativo Attivo (Tfa). Il decreto puntualizzava la necessità di selezionare un numero esiguo di candidati calcolati sulla base del fabbisogno regionale. L’accesso al Tfa prevedeva infatti tre prove molto selettive (due scritte e una orale), superate le quali si poteva intraprendere un percorso professionalizzante della durata di un anno accademico (da novembre a luglio). Durante quest’anno la frequenza ai corsi era obbligatoria e prevedeva il superamento di un esame per ciascun modulo, per un totale di sei esami universitari. Oltre alla frequenza ai corsi era previsto un tirocinio diretto in aula con un tutor interno ad una scuola e un tirocinio indiretto con un tutor universitario. Il tirocinio indiretto si è svolto tramite una serie di attività online sulla piattaforma moodle dell’Università, con la supervisione del tutor. Al termine di tutte queste attività era prevista la redazione di una relazione finale di tirocinio ed un esame orale, in cui i candidati presentavano un percorso didattico su un tema estratto a sorte dalla commissione d’esame.
Non tutti gli atenei attivarono i Tfa ed è per questo motivo che molti candidati dovettero affrontare lunghe percorrenze per raggiungere la sede dei corsi. Si consideri, inoltre, che la maggior parte dei tieffini lavorava già presso una o più scuole prima di essere selezionati per il Tfa: quindi la mole di lavoro e la fatica per poter gestire e svolgere entrambe le attività è stata davvero notevole.
Il costo totale del Tfa è stato il seguente: 100 euro per ogni prova selettiva, 2600 euro per la frequenza ai corsi e le spese di trasferta (pasti, carburante, pedaggi autostradali, fotocopie delle dispense, ecc).
Ricomincia l’anno scolastico a settembre, non vengono aperte le graduatorie e nessuna “finestra” per i nuovi abilitati viene approntata per la spendibilità del titolo. Ciò significa che le posizioni in graduatoria di istituto rimangono invariate, e può capitare che docenti non abilitati, quindi in possesso della sola laurea, ma con maggiori punti di anzianità in graduatoria, ottengano gli incarichi annuali, mentre gli abilitati con il Tfa rimangano esclusi dalla chiamata in servizio. Un anno di lavoro, investimento di denaro e di risorse, non vengono riconosciuti. A settembre-ottobre del 2013 molti dei docenti abilitati con Tfa persero la possibilità di ottenere un incarico annuale o parziale. Ciò scatenò in noi sorpresa, rabbia, rammarico e molta frustrazione. A peggiorare il nostro stato d’animo ha contribuito l’attivazione dei Pas: un percorso abilitante speciale per chi ha più di tre anni di servizio e al quale si può accedere senza prove selettive iniziali, ma solo tramite valutazione dei titoli e dell’anzianità. Questo percorso abilitante non selettivo dovrebbe, a quanto sembra, prevedere un numero inferiore di mesi di frequenza. Ma soprattutto, e ciò è certo, non prevede una selezione iniziale per merito. Quindi non risolve il problema della meritocrazia nella scuola pubblica, non seleziona i migliori docenti per i ragazzi. Gli allievi e le loro famiglie hanno il diritto ad avere per i loro figli docenti preparati e qualificati, siano essi abilitati in un modo o nell’altro. La qualifica per una professione importante come la nostra non può essere screditata prevedendo per una fascia di persone esami selettivi di accesso e per altre solamente l’adesione senza alcuna valutazione delle capacità e delle conoscenze.
Chiediamo, inoltre, l’inserimento in graduatoria ad esaurimento per avere la possibilità di avere un posto di ruolo nella scuola. A tal fine chiediamo che venga riconosciuto il valore concorsuale delle prove selettive svolte per accedere al Tfa. Chiediamo che il titolo abilitante da noi ottenuto venga valorizzato, perché, nella realtà dei fatti e in modo del tutto inattaccabile, è stato da noi guadagnato nella più completa serietà, sacrificio e senso del dovere. Inoltre, le prove sostenute (sia quelle selettive che quelle svolte durante l’anno di studio e tirocinio all’Università) sono una prova tangibile e documentabile del nostro impegno e del nostro diritto ad ottenere un ruolo stabile nella professione.