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Il Senato approva definitivamente la devoluzione

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Il disegno di legge era stato già approvato dalla Camera dei Deputati in doppia lettura e, perciò, appena sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale diverrà legge dello Stato a tutti gli effetti, salvo che l’esito del referendum popolare a cui sarà sottoposta probabilmente nel prossimo giugno, per il fatto di non essere stata approvata con la maggioranza dei due terzi dei votanti, non ne sancisca l’abrogazione.
Si conclude così un lungo periodo di diatribe e di battaglie politiche, tante volte dai toni polemicamente accesi, durato  più di tre anni tra la maggioranza parlamentare decisa ad ogni costo a riformare la Costituzione e la minoranza che nella legge ha visto sempre il tentativo di stravolgere l’intera impalcatura del documento fondamentale dello Stato venuto fuori dalla lotta di Liberazione e che, nonostante tutto, ancora oggi può essere assunto di primaria importanza per una comunità nazionale che si voglia alimentare di princìpi veramente civili e democratici.
La legge appena approvata istituisce, per la prima, volta il Senato Federale della Repubblica, riduce il numero dei senatori e dei deputati, modifica la prassi della formazione delle leggi, ridimensiona i poteri del Presidente della Repubblica, enfatizza quelli del Presidente del Consiglio creando la figura del premier secondo modelli provenienti da altre realtà, modifica i compiti, il ruolo e la composizione della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura ridimensionandone i poteri.
Inoltre, attribuisce ai comuni, alle città metropolitane e alle regioni la maggior parte delle funzioni amministrative ridimensionando quelle dello Stato.
In particolare: attribuisce alle regioni potestà legislativa, per quanto riguarda la scuola, relativamente all’organizzazione scolastica, alla gestione degli istituti scolastici e di formazione, ma soprattutto alla definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico delle regioni.
La legge costituzionale appena approvata, come si vede stravolge l’intero ordinamento dello Stato ridisegnando le funzioni ed i poteri amministrativi, legislativi e giudiziari.
Come è noto, già la precedente legge di riforma costituzionale, la n. 3/2001, voluta dalla maggioranza del centrosinistra aveva ridimensionato i compiti dello Stato in materia scolastica tanto che talune competenze tradizionalmente dello Stato erano state già attribuite agli enti locali.
Oggi tutta materia scolastica viene attribuita alla competenza esclusiva delle Regioni che dovranno, per l’avvenire provvedere alla completa organizzazione e gestione delle scuole, con quanto ne deriverà persino in ordine al reclutamento e alla formazione del personale dirigente e docente.
A giudicare dall’attuale funzionamento degli uffici scolastici regionali – cui sono stati attribuiti compiti un tempo dell’ambito statale,  e che tengono comportamenti differenziati tra di loro che, come nel caso del concorso per dirigenti, stanno esprimendo il massimo della disorganizzazione amministrativa – che sono l’espressione del decentramento statale, si ha più di un motivo per ritenere che la deriva in cui è stata abbandonata la scuola da qualche anno continuerà in maniera pericolosa per la qualità della formazione  delle future generazioni.
Con la nuova legge, in definitiva, ci sarà materia per temere che la frammentazione e la polarizzazione del sistema scolastico porterà alla fine della scuola nazionale, quella scuola che nel bene e nel male fino ad oggi ha rappresentato il fondamento dell’unità nazionale e garantito lo sviluppo dell’identità del popolo italiano.