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Inclusione, bisogna cambiare paradigma: i docenti di sostegno non bastano, ci vuole un progetto condiviso

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Nei giorni scorsi abbiamo riportato le dichiarazioni rese dall’ex ispettore Raffaele Iosa in chiusura del Convegno sui problemi dell’inclusione e della disabilità promosso dalle edizioni Erickson

Un nostro lettore ci ha scritto per contestare le affermazioni di Raffaele Iosa.

L’ispettore ci ha ora inviato una nota con la quale chiarisce il proprio punto di vista. La riportiamo integralmente.

Gentile Vincenzo D’Alfonso

Rispondo volentieri alla sua nota critica. Chi qui le scrive è un ispettore tecnico in pensione che si é occupato da sempre di disabilità, anche con incarichi nazionali e internazionali e che ancora oggi è chiamato da molte scuole per aiuti pedagogici sulle inclusioni quando sono difficili.
Ho visto e seguito, e ancora oggi vedo,  migliaia di bambini e ragazzi con disabilità, soprattutto quelli più “complessi”.
Mi spiace che Lei non abbia capito che in fondo la mia proposta non è molto lontana dalla sua: cambiando metodo e criteri di distribuzione e mettendo i posti in ruolo potremmo avere un docente stabile “esperto” per quasi ogni classe.
Già oggi sarebbe possibile. Purché però tutti gli insegnanti curricolari abbiano una robusta formazione iniziale e in itinere obbligatoria sulla didattica inclusiva, perché il tema dell’inclusione (e soprattutto dell’esclusione) è il tema principale della scuola italiana.
Ma molte didattiche frontali e direttive, senza alternative inclusive, che ancora un certo numero di suoi colleghi usano, sono una delle cause di cattiva inclusione e di dispersione.
Ho detto una, non l’unica,  ma importante.
Anche Maria Montessori come sostegno in classe poco farebbe se i colleghi curricolari tirassero dritto a insegnare in modo direttivo dalla cattedra,  con compiti a casa e interrogazioni, senza guardare in faccia le differenze tra i loro alunni.
Certo, 25 ore di formazione fatte di corsa e male servono a poco. Ma perché non proporre qualcosa di più e di diverso?
L’importante è rompere la “delega” al collega di sostegno che é l’anticamera delle classi speciali. Come vede, la proposta, infine, non ha nulla a che vedere con “tagli”, ma con la disastrosa (e precaria) attuale gestione dei posti.