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Istruzione tecnica e professionale

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E’ stato presentato ieri, presso il Ministero della pubblica istruzione il documento “Persona, Tecnologie e Professionalità” elaborato da una commissione nominata dal ministro Fioroni con l’incarico di ridefinire il profilo dell’istruzione tecnica e professionale.
Le conclusioni cui è giunta la commissione, che si è insediata prima di Natale, rappresentano, vista la crisi di governo, un “testimone” da lasciare alle nuove commissioni parlamentari che saranno operative dopo il voto di aprile.
Dopo la presentazione del viceministro Mariangela Bastico, che ha sottolineato come si sia inteso “valorizzare il grande patrimonio italiano della scuola tecnica e professionale, aumentando la sua capacità di attrazione”, il documento è stato illustrato dal presidente della commissione, Alberto Felice De Toni, preside della facoltà di ingegneria dell’Università di Udine, con interventi anche di altri componenti della stessa commissione.
Al termine della presentazione si è tenuta una tavola rotonda cui hanno preso parte rappresentanti degli assessorati provinciali e regionali, della Cisl e di Confindustria.
Ribadendo che gli istituti tecnici e professionali sono parte essenziale dell’ordinamento nazionale dell’istruzione secondaria di II grado, dopo il superamento della riforma Moratti, in cui l’istruzione tecnica era confluita nei licei (economico e tecnologico) e quella professionale trasferita alle regioni, il viceministro Bastico ha detto che “la commissione ha individuato assi culturali e principi applicabili all’intero ordinamento dell’istruzione superiore e non solo a quella tecnica e professionale: la relazione tra azione e conoscenza, tra sapere e saper fare, la valorizzazione delle diverse intelligenze dei ragazzi, le innovazioni della didattica e il rapporto tra scuola e mondo del lavoro”.

Nel documento finale presentato dalla commissione il 3 marzo si mette in rilievo che “gli istituti tecnici forniscono agli studenti i saperi e le competenze necessari per inserirsi direttamente nel mondo del lavoro, nonché per accedere a percorsi di livello terziario, nazionale e/o regionale, universitari, degli istituti tecnici superiori (Its) e dell’Ifts, nonché ai successivi percorsi di studio e di lavoro per l’accesso alle professioni intellettuali”. Per quanto concerne il nuovo profilo dell’istruzione professionale, si evidenzia che “i percorsi consentono in particolare ai giovani di acquisire saperi e competenze per inserirsi direttamente nel mondo del lavoro; proseguire gli studi nel sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore e all’università; accedere alle professioni, a partire dai settori già presenti negli ordinamenti degli istituti professionali”.
I percorsi degli istituti professionali sono articolati in un’area di istruzione generale per tutti gli studenti e in ampie aree di indirizzo sin dal primo anno. “Nei primi due anni gli assi culturali relativi all’assolvimento dell’obbligo di istruzione per l’acquisizione dei saperi di cittadinanza – riporta il documento della commissione – si sviluppano soprattutto attraverso l’esperienza di laboratorio, per promuovere la riflessione critica sui fondamenti scientifici, tecnologici e organizzativi della cultura dei macro-settori economici. I successivi percorsi del terzo, quarto, quinto anno si sviluppano secondo criteri di gradualità e flessibilità in relazione alle esigenze del mondo del lavoro e del territorio, fermo restando lo sviluppo e il consolidamento degli strumenti culturali comuni alla complessiva area dell’istruzione tecnico-professionale. Gli istituti professionali inoltre possono realizzare, ma solo in regime di sussidiarietà, percorsi per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali, in base all’intesa in Conferenza Unificata Stato Regioni Città e Autonomie locali di cui all’art.13, comma 1-quinquies, della legge 40/07”.
Un passaggio significativo del documento è quello in cui si legge che “il rapporto con i soggetti economico-sociali, le imprese e le comunità professionali, si sviluppa in primo luogo in un confronto sulla determinazione degli indirizzi e dei curricoli. La collaborazione nelle singole scuole si sviluppa nella progettazione delle attività didattiche, negli stages e nell’alternanza studio-lavoro. Queste attività permettono agli istituti tecnici e ancor più agli istituti professionali di realizzare occasioni di applicazione delle conoscenze tecnologiche apprese e nuovi apprendimenti di carattere operativo e organizzativo”.

Proposta dalla commissione una notevole riduzione degli indirizzi (da 315 – con riferimento a quelli ordinamentali, sperimentali, autonomi – a 10 per l’istruzione tecnica, da 35 a 9 per quella professionale) nonché la definizione di livelli di conoscenza e di competenza da far corrispondere ai diversi titoli di studio in uscita, che consentono l’accesso al mondo del lavoro e all’Università.

Inoltre, mantenimento dei cinque anni per i percorsi di studio, anche se per l’istruzione professionale rimarrebbe uno sbocco triennale per il conseguimento di una qualifica professionale (le qualifiche professionali verranno definite sulla base di un accordo tra Stato e regioni per garantire la spendibilità del titolo a livello nazionale ed europeo).
Si mette in rilievo, poi, l’esigenza di un progressivo aumento nelle ultime tre classi del quinquennio del monte ore a disposizione delle autonomie scolastiche (partendo dal 20% del primo biennio). Ma la Bastico ha ricordato che “accanto alla valorizzazione dell’autonomia occorre inserire elementi di valutazione”.
Per la Cisl Scuola “il documento valorizza il ruolo dell’istruzione tecnica e professionale nel nostro Paese, ridisegnandone percorsi e identità”. Il sindacato, ricordando che l’istruzione tecnica e professionale oggi accoglie circa il 55% di tutti gli iscritti alle scuole superiori, ritiene “corretta la doppia preoccupazione di fondare questi percorsi su un impianto culturale alto, attento sia allo sviluppo di ampie competenze di cittadinanza che a precise attenzioni orientative e professionalizzanti”.
I rappresentanti della Cisl Scuola hanno fatto notare come sia “importante ricondurre l’istruzione tecnica e professionale ad un quadro di sistema nazionale”, lasciando “tuttavia, spazio alle diverse vocazioni territoriali,  rispettando e  valorizzando l’autonomia scolastica”.
Alla fine, il viceministro Mariangela Bastico ha auspicato che “su un terreno così importante per il futuro della scuola ci sia ampia condivisione e la volontà di dare continuità a questo percorso, indipendentemente da chi sarà al governo del Paese”, evidenziando anche che il Ministero della pubblica istruzione intende “raccogliere osservazioni proposte dalle regioni e gli enti locali, dalle parti sociali, dalle associazioni professionali e dal mondo della scuola che contribuiranno a determinare il documento conclusivo e la proposta di regolamento, che verranno consegnate al nuovo governo e alle commissioni parlamentari”.

Un’occasione per confrontarsi su questi temi sarà il convegno “Il Paese, la scuola, l’innovazione” in programma l’11 marzo a Torino, presso l’auditorium dell’Arsenale della Pace (in Piazza Borgo Dora 61), dove si parlerà della risorsa dell’istruzione tecnica e professionale per la cultura della cittadinanza e del lavoro.