Home I lettori ci scrivono L’ottusa strategia della Buona scuola

L’ottusa strategia della Buona scuola

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“La buona scuola” è stata scritta da incompetenti. Il Parlamento, che non s’è accorto di nulla, l’ha trasformata nella legge titolata “Sistema nazionale di istruzione e formazione”.

L’addebito è motivato dal mandato conferito alle scuole, mandato il cui oggetto è contenuto nell’elenco degli “obiettivi formativi ritenuti prioritari”. Essi rappresentano la finalità dell’insegnamento: quali sono le competenze che gli studenti devono padroneggiare al termine del loro itinerario formativo?

Eccone un assaggio: “Prevenzione e contrasto della dispersione scolastica”; “Valorizzazione della scuola intesa come comunità attiva”; “Apertura pomeridiana delle scuole”; “Riduzione del numero di alunni e di studenti per classe”…

All’origine dello svarione è da collocare il modello organizzativo calcistico posto a fondamento della legge: l’allenatore detta le regole per portare a unità l’attività della squadra.

Una prospettiva in aperto contrasto con l’organizzazione scientifica introdotta nel 1974: il modello di riferimento era quello orchestrale in cui il direttore porta a unità la voce dell’orchestra seguendo lo spartito.

Il Governo e il legislatore, incapaci di scriverlo, hanno assegnato ai dirigenti scolastici un problema indefinito, di dimensioni enormi.

Una scelta che traspare lampante dall’incipit de “La buona scuola”: “La presente legge dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni”.

La legge del 1997 delegava temporalmente al Governo la funzione legislativa, disposizione che, essendo decorsi i termini, ha perso efficacia.

L’errato riferimento normativo è attribuibile alla volontà di sovrascrivere il D.P.R. del 1999 che “sostanziava l’autonomia delle istituzioni scolastiche nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione”.

La sfuocata visione della vita delle scuole e la difficoltà di scrivere e di far rispettare le regole sono da collocare a fondamento della scelta di sterilizzare la progettazione, procedimento che evolve seguendo rigorose metodologie, che consente di dominare la complessità e, procedendo per successive approssimazioni, unifica le attività educative, formative, dell’istruzione.