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La favola dei premi ai prof meritevoli

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L’istituto era povero di risorse materiali, ma ricco di risorse umane, animali e vegetali: docenti di primo e secondo ordine che coltivavano scrupolosamente le attività programmate nei rispettivi campi, si appecoronavano davanti al Signor Preside, e facevano di tutto per riportare all’ovile le pecorelle smarrite. Mai uno sciopero, mai una protesta, mai un litigio: gli insegnanti della Pascoli Verdi filavano d’amore e d’accordo, e non si lamentavano del magro stipendio percepito, intimamente appagati dalla consapevolezza di contribuire con i propri sacrifici al risanamento del debito pubblico.

Erano tempi in cui ai contratti della scuola si applicavano i vecchi princìpi di uguaglianza retributiva del socialismo reale, per cui bisognava dare a ciascuno secondo la sua anzianità di servizio, prescindendo da altre variabili poco significative come il titolo di studio posseduto (laurea o diploma), il numero di classi  e di materie insegnate, la quantità di compiti scritti da correggere a casa, la professionalità e la produttività del lavoro svolto, e l’effettiva presenza in cattedra. Non c’erano differenze di stipendio neppure tra chi aveva da curare 30 alunni per classe e chi ne aveva appena 12, o tra chi aveva un sovraccarico di 5 alunni “diversamente abili” su 30 e chi aveva soltanto alunni “abili non diversamente”.

Un bel giorno, il Governo del Belpaese, guidato da un giovane Segretario Fiorentino, varò un piano di riforme scolastiche meritocratiche di risparmio, pubblicizzato come “della Buona scuola”, che prevedeva tra l’altro il prolungamento da 5 a 10 anni del blocco degli aumenti contrattuali per i prof, la cancellazione degli scatti automatici di stipendio per anzianità, l’estensione a 36 ore settimanali dell’orario di permanenza a scuola degli insegnanti a parità di retribuzione, l’abolizione delle supplenze brevi retribuite e il recupero a titolo gratuito per le supplenze delle ore di insegnamento non prestate dai docenti durante i giorni di chiusura della scuola. In compenso, il Governo prometteva scatti premiali di stipendio di 60 euro mensili con cadenza triennale per i soli insegnanti meritevoli, da selezionare nella misura massima del 66,66 per cento del corpo docente. Vale a dire che 2 insegnanti su 3 avrebbero avuto una progressione economica di carriera, mentre il terzo insegnante –  anche se meritevole – per mancanza di fondi sarebbe rimasto a stipendio bloccato.

Incredibilmente, neppure di fronte all’annuncio di una tale mazzata incombente sulle loro teste, i prof della scuola Pascoli Verdi si agitarono “più di tanto”. Forse non avevano ancora capito bene quale machiavellica “tagliola” aveva escogitato ai loro danni il Governo del Segretario Fiorentino, o si illudevano che si sarebbe trattato di uno dei tanti annunci ad effetto senza effetto pratico.

Ma non appena furono avviate concretamente le procedure di selezione dei “meritevoli” e dei “non meritevoli”, il collegio dei docenti della Pascoli Verdi si trasformò in una gabbia di belve feroci che si sbranavano a vicenda, perché… “mors tua, vita mea”. Infatti, su 60 aspiranti, solo 40 avrebbero potuto conseguire la qualifica di docente di Serie A, connessa con il premio della progressione retributiva meritocratica. Gli altri 20, bocciati, sarebbero stati vergognosamente retrocessi nei ranghi della docenza di Serie B, con il rischio di essere ricusati dalle famiglie degli alunni al momento delle iscrizioni.

E poiché molti candidati credevano di aver intuito come sarebbero stati scelti i vincitori, si verificò un improvviso boom di iscrizioni ai sindacati più accreditati. I quali, tuttavia, si trovarono in grave imbarazzo, dato che il numero delle richieste di raccomandazione a loro pervenute superava di gran lunga quello dei premi da assegnare. Peraltro, alcuni prof si misero a sobillare gruppi di studenti perché facessero lo sgambetto agli avversari di fronte alla commissione giudicatrice, durante la verifica in classe. Insomma, la Pascoli Verdi divenne un inferno.

A quel punto, le famiglie degli alunni ritirarono in massa i loro figli dall’istituto statale trasferendoli a una vicina scuola delle suore, dopo aver ottenuto dalla madre superiora la garanzia scritta che i premi agli insegnanti li avrebbe dati soltanto… il Buon Dio.