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La nostra scuola: cultura, passione e relazione. A chi giova il bonus merito?

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A chi giova il bonus merito?
Immaginiamo di fare questa domanda a genitori o a cittadini qualsiasi: ”Preferisci, per tuo figlio, un docente che sappia fare un buon lavoro in classe o un insegnante che lavori in attività extra curriculari per la crescita della scuola?” La maggior parte, credo, eccetto pochissimi, sceglierebbe la prima ipotesi.

In classe si impara la maggior parte delle cose: intere generazioni si sono formate attraverso il sapere e la tanto bistratta lezione frontale (Attualmente non la si può più neanche nominare che si viene tacciati di essere retrivi, antiquati, passatisti).

Ma come quantificare – mettiamo il caso che sia giusto oltre che legittimo – quanto dà, fa e vale un insegnante in classe? Complesso, davvero complesso!
Nell’era delle certificazioni e della digitalizzazione è impossibile codificare, quantificare il lavoro fatto in classe .Me lo chiedevo in questi giorni, in cui si ritorna a parlare di bonus merito.

Come farei a spiegare cosa faccio in classe ogni giorno? Intanto non esistono regole e parametri oggettivi per insegnare ,e quindi, per dare valore a questo lavoro. A differenze di quanto sembra, pianificare non serve, non basta, anzi. L’insegnante spesso improvvisa la lezione che semmai aveva immaginato di svolgere in un modo o devia da ciò che aveva in mente di fare, perché in quell’ora, in quella mattina accade qualcosa di diverso , di strano o viene posta una domanda particolare. Allora egli cambia direzione, dialoga, costruisce, interagisce, insomma insegna attraverso la sua esperienza, se stesso , il suo sapere che mette a disposizione degli altri.

Un sapere non statico, non quantificabile, ma dinamico in divenire che si realizza attraverso il confronto umano con l’allievo, con le sue fragilità, il suo mondo, il suo bagaglio, la sua visione, le sue incertezze, le sue lacune, le sue acquisizioni e le sue sicurezze. Da questo – e anche questo – è una lezione di storia ,di grammatica, di lingua latina, di letteratura. Fare scuola è voglia di trasmettere e di aiutare a crescere attraverso la conoscenza qualcuno, e tanti insieme, con studio e anche un po’ di fatica.

E’ tener conto di tutto, è equilibrio, distacco, passione, partecipazione. E’ anche un po’ guidare, portare l’esempio, soprattutto appassionare, motivare, vivacizzare, sdrammatizzare e allo stesso tempo insegnare.
Ecco, come si fa a stabilire chi lo sa fare e chi no? Chi fa meglio e chi peggio? Guardiamo i quaderni, i risultati? Le promozioni sono risultati?
Il punto è un altro: che tipo di scuola e cittadini, donne e uomini vogliamo costruire.

Se il bonus tocca chi ha già incarichi e si mette al servizio del “bene della scuola”, noi stiamo costruendo un profilo e un tipo di futuro e di allievi modellatati su uno schema gerarchico.
Se vince il sapere, o la forza e la libertà del sapere e dell’ insegnamento stiamo costruendo un altro futuro.
La scuola, purtroppo, da circa vent’anni ha già deciso cosa PRODURRE, per dirlo in termini economici in linea con questa scelta, e i risultati si vedono, si toccano ogni giorno con mano.
Teresa Apone