Home Politica scolastica La qualità dell’insegnamento: ecco da dove ripartire

La qualità dell’insegnamento: ecco da dove ripartire

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Nel 2028, secondo i calcoli più attendibili, gli studenti italiani saranno un milione in meno. L’inverno demografico non lascerebbe spazio a previsioni più ottimistiche.  

Se poi, come pubblica Avvenire, “questa analisi si spinge al 2038, l’Italia avrà il 20% in meno di popolazione tra i 3 e i 24 anni. A soffrire, in particolare, saranno le regioni del Sud Italia, con picchi anche fino al -30% in Sardegna, Campania, Puglia e Basilicata”. 

E se cala la popolazione scolastica, aggiunge L’Avvenire, calerà anche il numero di classi e di docenti, quantificabili in -91.026 “tagli” delle classi entro il 2038, e che si traduce in 142.937 docenti in meno (cioè, non più necessari), 57.801 dei quali alle superiori, 38.504 alle medie, 34.260 alla primaria e12.372 alla scuola dell’infanzia. 

Quale via rimane allora per utilizzare al meglio le risorse sopravvissute al calo demografico? La risposta sta nella “qualità dell’insegnamento. 

Per Fondazione Agnelli, riporta sempre L’Avvenire,  queste risorse devono restare per l’istruzione, puntando, appunto, sulla qualità dei docenti più che sulla quantità. Dove qualità è qualità della formazione didattica dei docenti, ma anche nuova organizzazione didattica del tempo scuola (ad esempio, la scuola del pomeriggio a partire dalla scuola media, che è il ciclo più debole). Una “rivoluzione” che non si realizza, soltanto, aumentando la spesa, ma migliorandola e rendendola più efficace.

E come?  “Per migliorare la qualità della spesa in istruzione si deve investire nella qualità degli insegnanti, cominciando col pagarli meglio” e continuando nella loro “formazione iniziale”, insieme alla implementazione della “carriera” dei docenti.

 “Con le regole attuali – viene ricordato – le uniche progressioni di stipendio sono legate all’anzianità di servizio. Per attrarre i laureati migliori, dobbiamo cambiare le regole, introducendo una vera e propria progressione di carriera. Come avviene per tutte le altre professioni. Banalmente, ma non troppo, dobbiamo fare diventare l’insegnamento un mestiere ‘normale’”