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La sindrome del “più bravo”

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A fare scattare questa sindrome è stata sicuramente l’abolizione degli scatti di anzianità a favore degli scatti di competenza. L’idea renziana di fare uscire gli insegnanti da quel “grigiore” di egualitarismo, per fare emergere le differenze, sta producendo, già in alcuni docenti i suoi primi effetti. Nelle varie realtà scolastiche del nostro Paese, esiste sempre qualche insegnante, dall’ambizione smisurata e dalla superiorità repressa, ma mai sopita,  che non aspetta altro che essere differenziato, nello stato giuridico e nello stipendio, dalla ciurma di insegnanti anonimi che compongono un altrettanto anonimo collegio dei docenti.
Sono quei colleghi dall’ego sproporzionato, che si sentono i più bravi di tutti, colleghi che sono totalmente disponibili nei confronti del loro dirigente scolastico, docenti obbedienti alle richieste del capo, e non mancano mai di mettere in cattiva luce, facendo opera di puro pettegolezzo con il Ds, i propri colleghi. Questi personaggi farebbero di tutto per essere riconosciuti pubblicamente  i più bravi, sarebbero disposti a qualsiasi compromesso per esercitare, anche di riflesso, magari con qualche delega dirigenziale, un pizzico di potere. Sono anche coloro che pur dimostrando una totale incompetenza normativa e di legislazione scolastica, ambiscono a vincere il prossimo concorso a dirigente scolastico. Insomma si tratterebbe di persone disposte a tutto per fare carriera nella scuola, fino a raggiungere il posto più alto, cioè la poltrona da dirigente scolastico.
Ma esistono veramente personaggi del genere nelle nostre scuole?  Ci piacerebbe sentire l’opinione dei nostri lettori, che vivendo con partecipazione il mondo della scuola, possono dirci attraverso i loro commenti, se questo identikit di insegnante è una descrizione reale e diffusa oppure l’immagine isolata di qualche caso narcisistico esistente solo in poche scuole.
Questi insegnanti, sempre che esistano, rappresenterebbero un problema non di poco conto per fare emergere i veri docenti meritevoli. Infatti le nostre scuole sono anche piene di docenti che hanno un’attitudine allo studio e spesso sono persone ricche intellettualmente e con un’umiltà tipica dei veri studiosi. Questa tipologia di docente non pensa di essere la prima della classe e a volte è fortemente incompresa e criticata da chi aspira, con furbizia e audacia, a diventare il primo della classe.
Se questa fosse la reale fotografia degli insegnanti che popolano le nostre scuole il merito previsto dalla buona scuola rischierebbe di essere una meritocrazia alla rovescia, dove ad essere premiati saranno i più furbi, i più disponibili e coloro che sono disponibili ad entrare, a qualsiasi costo, nel cerchio magico della presidenza. E se questo è merito la scuola pubblica finirà di promuovere la sua funzione educativa, ma come dicono i francesi : “C’est la vie”