Home Politica scolastica Lombardia e Veneto, domenica 22 ottobre referendum autonomia: la scuola c’entra eccome

Lombardia e Veneto, domenica 22 ottobre referendum autonomia: la scuola c’entra eccome

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Domenica 21 ottobre in Lombardia e Veneto si vota per il referendum per l’autonomia regionale.

Anche se la scuola non è oggetto diretto della scelta referendaria, nelle ultime ore non sono mancati gli accostamenti.

SALVINI (LEGA NORD): DIAMO A LOMBARDIA E VENETO PIU’ RISORSE

Per il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, sarà “un’opportunità trasversale” per milioni di italiani, “al di là di razza, religione, partiti politici”.

Parlando al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione della Coldiretti a Cernobbio, vicino Como, il segretario del Carroccio ha detto che “sarà l’occasione per milioni di cittadini lombardi e veneti per avere più competenze, più risorse”.

“Ed è per questo che andrò a votare sì. Anche come padre, per avere più competenze sulla scuola”, ha sottolineato

IL SISTEMA PREMIANTE DI LUCA ZAIA

“Se la gente non andrà a votare significa che non desidera più autonomia”, ha concluso Salvini.

Nelle scorse settimane, il governatore del Veneto, Luca Zaia, aveva prospettato un sistema premiante per i docenti disposti a rimanere un decennio dopo l’immissione in ruolo, in modo da incentivare la continuità didattica: “l’#autonomia – ha scritto Zaia su Facebook –  creeremo una scuola funzionale alle esigenze dei nostri studenti: basta cattedre scoperte perché i docenti reclutati dal Sud rinunciano al ruolo! I bandi di reclutamento degli insegnanti saranno su base regionale, prevedendo compensi adeguati con accordi di secondo livello per chi si impegna a risiedere in Veneto per almeno 10 anni”.

FLC-CGIL: SI VUOLE ABBANDONARE IL MEZZOGIORNO

A pensarla diversamente è la Flc-Cgil, secondo i referendum indetti in Lombardia e Veneto ” sono la negazione dell’autonomia e sono scopertamente tesi a creare divisione fra territori, spezzando una volta di più la coesione nazionale”.

Per il sindacato “la Scuola, l’Università, la Ricerca, l’Alta Formazione Artistica e Musicale sono portatrici di valori di solidarietà e coesione e ispirano la loro azione ai principi costituzionali di pari opportunità, in modo che nessun territorio, nessun cittadino debba rimanere indietro. Non solo. Quei referendum possono spingere pericolosamente a considerare il Mezzogiorno d’Italia e l’intero Mediterraneo non come luoghi dove investire per rilanciare lo sviluppo e il benessere, ma territori da abbandonare in vista di nuove e più potenti migrazioni, specie intellettuali. Sta già accadendo, purtroppo, e i referendum potrebbero accentuarne la portata”.

Il referendum è “una pericolosa iniziativa. La Repubblica, al contrario, deve garantire in maniera uguale su tutto il territorio nazionale e in ogni angolo del Paese parità di condizioni, riservando anzi maggiori risorse – conclude il sindacato – proprio a quelle aree più depresse e meno garantite, perché questo vuol dire la solidarietà costituzionale. A partire dal sistema dell’istruzione pubblica”.

TURI (UIL): I LOCALISMI RIDUCONO RISORSE ALLO STATO

Dello stesso avviso è Pino Turi, segretario generale Uil Scuola, secondo cui questo referendum “crea inutili divisioni, disparità e ingiustizie”.

“Abbiamo già evitato il pericolo della devolution che avrebbe prodotto venti sistemi scolastici regionalizzati. Ora con questo referendum si chiedono maggiori competenze regionali, sulla base di interessi localistici che contrastano con la funzione, più ampia, di una scuola inclusiva e libera rappresentata dall’autonomia scolastica. Mentre la scuola unisce l’Italia, questi referendum, tendono a dividerla”, sostiene il sindacalista.

“Dietro il principio di ‘più autonomia’ si nascondono le insidie di un uso delle risorse che già solletica progetti come quelli dei costi standard. Sistema che sta già interessando la sanità e che si vorrebbe adottare anche nel sistema scolastico. C’è il fondato rischio di una deriva che sposti risorse dallo Stato, alle regioni, al privato. Un’autonomia dall’alto che indebolisce persino il diritto dei lavoratori a operare in un quadro certo di opportunità, mobilità territoriale, scelta del luogo di lavoro, validità di pari regole, nell’ambito di ordinamenti faticosamente costruiti e ampiamente condivisi”.

Turi, quindi, si schiera apertamente contro l’approvazione del referendum: “Il nostro appello a saper riconoscere il valore della scuola pubblica, nazionale, appare quasi dovuto: i cittadini e i lavoratori sanno bene cosa è utile per loro e sapranno fare le scelte opportune”.