Home I lettori ci scrivono Ma cosa è “scientifico”? Qualche domanda ai difensori delle vecchie Indicazioni Nazionali

Ma cosa è “scientifico”? Qualche domanda ai difensori delle vecchie Indicazioni Nazionali

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Con riferimento all’ intervista di Alessandro Giuliani al prof Corsini vi invio queste considerazioni.

Non si può non esprimere disappunto ogni qualvolta si incontrano toni caratterizzati da rigide presupposizioni ideologiche su problemi così delicati da cui dipende il futuro delle nuove generazioni, come quelli relativi alle soluzioni da proporre per rendere la scuola migliore.
Si dovrebbe partire innanzitutto da un atto di umiltà e responsabilità, abbandonando ogni retorica e autoreferenzialità e prendendo atto che la scuola, alla luce dei dati disponibili, ben lungi dal conseguire i livelli degli apprendimenti auspicati, presenta abbassamenti preoccupanti segnalati da Invalsi e da Pisa-Ocse e da altri dati che rivelano carenze di livello difficilmente immaginabili, come ad esempio nell’analisi linguistica e nelle conoscenze scientifiche di base[1].
Osservazioni di questo tipo dovrebbero essere sufficienti a convenire sul fatto che chiunque sia interessato a migliorare la situazione dovrebbe prima di ogni altra cosa partire dal chiedersi dove sono stati commessi errori e cosa vada cambiato.
In questo quadro appare ancora più deplorevole trovare un uso puramente ideologico del termine “scientifico”, utilizzato da Corsini come etichetta per una contrapposizione tra la “pedagogia degli ultimi 50 anni” (comprendendo in essa le vecchie Indicazioni Nazionali) e quelle nuove in corso di perfezionamento attraverso cui si attuerebbe una “deriva antiscientifica”.

Sarebbe interessante sapere da Corsini cosa intenda per “scientifico”. Dal punto di vista di chi scrive, una conoscenza scientifica deve essere sostenuta da evidenze sperimentali e convalidata più volte; in questo senso la ricerca ha fatto molti avanzamenti negli ultimi anni ed esistono ormai diversi centri internazionali evidence-based dove si valuta l’affidabilità di quanto si conosce per fornire suggerimenti ai decisori politici per il miglioramento. Se le ideologie sono in qualche caso importanti, e comunque mai del tutto eliminabili, in Italia di ricerca scientifica ce n’è sempre stata poca mentre la confusione strumentale dei confini tra ideologia e scienza è un dato ricorrente.

La pedagogia degli ultimi 50 anni, al di là delle buone intenzioni, si è rivelata anche un contenitore di credenze ingenue, per lo più banali applicazioni di derivazione costruttivista, decisamente sconfessate dalla ricerca evidence-based, oltre che di un dispendio incredibile di risorse all’insegna di una mitica “innovazione”, mai suffragata da verifiche affidabili (quanti progetti sono stati attuati, quanti di essi sono stati sottoposti ad adeguata valutazione?).

Anche le vecchie Indicazioni sono frutto dell’ideologia del tempo, non immuni dall’eredità di una pedagogia ingenua, pervase dalla sirena del momento, quella delle competenze, e caratterizzate da una chiara idiosincrasia verso le discipline e la struttura dei saperi (si consideri per esempio la genericità con cui sono trattate le scienze).

Ma il difetto fondamentale è quello di presentare obiettivi e traguardi di competenze senza che quelli che vengono indicati lo siano in realtà: sono infatti solo liste generiche di attività. Un obiettivo dovrebbe essere definito in modo meno ambiguo possibile, più operativo, in una forma tale da far comprendere come lo si possa valutare. Questa genericità ha mandato la scuola in un vero e proprio stato confusionale.
A coloro, come Corsini, che difendono le vecchie Indicazioni e sostengono la loro “scientificità”, chiedo di indicare una sola affermazione scientifica presente in esse basata su dati sperimentali e non su ideologie.

Si afferma inoltre che le nuove Indicazioni non hanno tenuto conto di suggerimenti importanti avanzati dalle associazioni scientifiche. Sarebbe interessante rendere pubblici questi suggerimenti, valutarne la scientificità e pratica sostenibilità.

Le nuove Indicazioni cambieranno la situazione? Hanno dato più risalto ai saperi disciplinari trascurati nelle precedenti e questo, a giudizio di chi scrive, rappresenta una necessaria operazione culturale, con miglioramenti in particolare per Scienze, Lingua, Matematica, Informatica.
La formulazione attuale presenta indubbie criticità, prima tra tutte l’esorbitanza degli obiettivi; sul piano della fattibilità si presentano irraggiungibili in rapporto ai tempi scolastici e alle condizioni di partenza dei giovani. Sarebbe auspicabile una revisione a distanza temporale prefissata, dopo un periodo di prova ed un salutare “bagno di realtà”. Il problema principale della scuola è il sovraccarico: occorre aiutare gli insegnanti -e le case editrici che stampano manuali di dimensioni spropositate nella paura di non soddisfare le idiosincrasie dei docenti-, a individuare più chiaramente le criticità e misconcezioni principali degli alunni per intervenire in modo più mirato per rimuoverle.
L’unico punto condivisibile con Corsini è l’importanza della valutazione formativa, che va annoverata tra le acquisizioni scientifiche più consolidate e che dovrebbe essere dunque in punto forte delle nuove Indicazioni. Ma anche nelle vecchie questo concetto non era presente, pur essendo un riferimento già introdotto in Italia da Vertecchi sin dagli anni ’80.

  1. Così ad esempio, in uscita dalla scuola di primo grado solo una piccola minoranza di alunni sa distinguere una proposizione reggente da una dipendente o sa spiegare da cosa dipenda l’alternarsi del giorno e della notte. Cfr. M. Tavoni in https://www.rivistailmulino.it/a/la-grammatica-a-scuola-serve-1; AA.VV., (2024), Misconoscenze di fisica nella scuola del primo ciclo: un questionario didattico, ECPS Journal, 29, 21-41.

Antonio Calvani
Già professore ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale, Università di Firenze