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Maestra Onlyfans licenziata denuncia il padre d’un alunno: ha diffuso le mie foto intime. Ma il docente fuori scuola può fare quel che vuole?

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Un insegnante ha diritto nella sua vita privata di fare quello che vuole? Certamente, ma con dei limiti. Perché un educatore deve essere coerente con i suoi insegnamenti: non può lasciarsi andare, ad esempio, a comportamenti violenti, sconsiderati o che compromettano l’immagine dell’amministrazione a cui è legato come dipendente. In quest’ultimo caso sembra collocarsi l’attività svolta da una maestra di un asilo paritario cattolico licenziata per avere aperto un profilo su Onlyfans: la donna 29enne – che ha ammesso di guadagnare 30 mila euro al mese lavorando solo 4 ore al giorno – è stata licenziata dall’asilo parrocchiale di Maserada, vicino Treviso, dove era assunta a tempo indeterminato da cinque anni, e nei giorni successivi ha creato una Srl dove convogliare le cospicue entrate del profilo hot che conterebbe 1.800 abbonati paganti, oltre ad altri follower sugli altri profili social.

Era stato uno di loro, tra gli “affiliati” al suo profilo, a denunciare sui social la particolare attività della maestra scaricando dalla piattaforma per adulti le sue foto osé: è stato, in particolare, un genitore di un alunno che ha quindi diffuso le sue immagini destinate ad una più o meno stretta cerchia di persone. Alcuni giorni fa l’ex maestra ha deciso di denunciarlo, anche perché quel genitore non si sarebbe limitato a smascherarla ma l’avrebbe anche pesantemente attaccata. 

Inoltre, la donna, che è pure modella e atleta di body building e che nell’ultimo periodo ha visto aumentare i suoi follower di diverse migliaia di unità, vorrebbe approfondire attraverso i suoi legali un altro aspetto: perché un video innocente di “posing”, su una gara di body building, è stato trasferito dal suo profilo Instagram e pubblicato in un sito hard?

Dalla parte della donna, che ha sempre detto di potere fare ciò che vuole nella vita privata, soprattutto perché con 1.200 euro al mese non si può vivere decentemente, si erano anche schierate diverse mamme degli alunni: l’hanno difesa ritenendo che non fosse influente sulla sua attività educativa l’occupazione ‘esterna’, anche se molto particolare.

La direzione scolastica, invece, l’ha prima sospesa dall’insegnamento, con tanto di stop dello stipendio, contestandole una condotta non in linea con l’impronta religiosa della struttura. Quindi, l’ha licenziata.

La donna, che ha sempre rivendicato “di non aver mai fatto mai mancare nulla, come educatrice, né ai bambini né alla scuola” e ha che ha chiesto una buonuscita alla scuola di 70 mila euro, è ora è anche passata a chiedere giustizia rispetto a chi l’avrebbe letteralmente sbattuta nella gogna mediatica per le sue scelte private.

Ma fino a dove si può spingere un dipendente pubblico, in particolare un docente, nell’esercitare i sui diritti di cittadino al di fuori della sfera scolastica?

La norma base che regola tutto questo è il Regolamento sul codice di comportamento dei dipendenti pubblici, il DPR 62/2013, che vale anche per gli insegnanti: il dipendente statale, di fatto, non deve cedere ad azioni o atteggiamenti che in qualche modo infanghino la reputazione dell’Amministrazione pubblica.

Vi sono articoli del Dpr 62/13, come il n. 5, che parlano chiaro, imponendo ad esempio al dipendente dello Stato di comunicare “tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni (tranne partiti o sindacati ndr), a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio”.

La sua applicazione, in certi casi, appare quasi scontata. Vale, come esempio, l’episodio del 2018 accaduto a Torino, dove una maestra di scuola primaria – durante una manifestazione antifascista contro un’iniziativa elettorale di Casapound – gridò alle forze dell’ordine “dovete morire”: a seguito dell’episodio, l’Ufficio scolastico regionale decise per il licenziamento della docente, poi confermato dal Tribunale di Torino. La maestra fu anche indagata dalla procura per istigazione a delinquere, oltraggio al pubblico ufficiale e minacce. In un’intervista, la maestra parlò di “castello mediatico” costruito nei suoi confronti.

È tuttavia fuori di dubbio che vi siano circostanze nelle quali il DPR 62/13 potrebbe non essere del tutto adeguato a rispondere a quanto accaduto: ad esempio, è innegabile che nella propria intimità i docenti, come tutti i dipendenti pubblici, possono fare ciò che vogliono.

Nel caso della maestra licenziata poche settimane fa in provincia di Treviso, il nodo della questione è capire se il profilo di Onlyfans possa essere considerato pubblico o privato. La questione risulta complessa. Per i giudici non sarà facile districare la matassa.