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Maturità 2025, lo scrittore Affinati: “Il problema non è Pasolini, ma la scuola che non abitua alla conoscenza diretta dei testi”

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Oggi, 18 giugno, ha inizio ufficialmente la maturità 2025 con la prima prova d’italiano, scelta a livello ministeriale e uguale, per contenuti, per tutte le scuole. Ecco quali autori sono stati proposti agli studenti ad un passo dal diploma quest’anno: si tratta di Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

La Tecnica della Scuola ha chiesto allo scrittore Eraldo Affinati un giudizio su queste tracce, ecco le sue risposte:

Qual è il significato di queste tracce (Pasolini, Tomasi di Lampedusa, Borsellino) e c’è un filo conduttore che li lega?

“Queste tracce credo riflettano il momento di passaggio che tutti noi stiamo vivendo fra i valori culturali della tradizione e la grande innovazione tecnologica in atto. C’è come una domanda inespressa che filtra dalle varie proposte tematiche: fino a che punto, nel nuovo scenario digitale, la letteratura può continuare a rappresentare una bussola spirituale in grado di orientare le nostre scelte? Possiamo dirci al sicuro riguardo agli errori commessi nel ventesimo secolo? La centralità umanistica è minacciata dall’intelligenza artificiale? Cosa stiamo guadagnando e cosa stiamo peredendo nell’era dei social? Come si fa a diventare veramente adulti? La scuola è chiamata a ripristinare le gerarchie di valore nel grande mare della Rete. Si sente nella scelta di questa tracce tale esigenza collettiva.”

Da quanto tempo non viene scelto Pasolini alla Maturità, è davvero la prima volta? Ciò è riconducibile al 50esimo anniversario della morte? Si aspettava questa scelta dal governo nel 2025?

“Dal giorno della sua morte Pasolini ha visto crescere la sua reputazione in modo vertiginoso, non solo in Italia, come se avesse incarnato una tensione drammatica, anche extraletteraria, legata alla dissoluzione dell’opera nel corpo dello scrittore. E’ stato in un certo senso l’ultimo autore del vecchio mondo e il primo dell’epoca nuova. Oggi forse rifiuterebbe con insofferenza la dimensione politicamente corretta nella quale sembra ingabbiato.”

Secondo lei quanti studenti potranno avere una preparazione culturale tanto da scegliere la traccia (Pasolini)?

“Il problema non è Pasolini, ma la non sufficiente abitudine della maggioranza degli studenti alla conoscenza diretta dei testi. Troppo spesso si preferiscono sintesi, riassunti e brani scelti da commentare. In realtà la lettura completa di un romanzo o di una poesia conta più di cento schede. Ci sarebbe un grande lavoro da fare sulle antologie: ma questo è un altro discorso.”

Che consigli avrebbe dato agli studenti?

“Cercare di personalizzare gli argomenti, non limitandosi a ripeterli. Favorire le associazioni da un contesto all’altro. Lasciar filtrare la propria esperienza, magari quella maturata coi Pcto: questo potranno farlo anche all’orale.”

Lei dichiarò “Leggere ad alta voce, soprattutto in aula, è fondamentale. Bisognerebbe tornare a fare gare di lettura fra studenti, come faceva Pier Paolo Pasolini al tempo delle sue supplenze”, ci spiega meglio questo concetto per gli studenti?

“Ricordo quando leggevo in aula i romanzi che regalavo agli studenti: costavano uno o due euro nelle edizioni Newton Compton, quindi si poteva fare. Il richiamo della foresta di Jack London, certi racconti di Poe o di Stevenson. Non so come facessi a tenere i ragazzi degli istituti professionali tutti intorno a me nelle ultime ore di lezione. Avevo la voce roca. Allora chiedevo a qualcuno di prendere il posto mio. Robertino era il più svelto, si metteva in cattedra come se fosse un trono. Ma anche Romoletto non scherzava. In quei momenti sentivo tutta la forza della letteratura, il cane Buck ci trascinava via con sé verso il Circolo Polare Artico. Se la scuola non fa questo, rischia di essere soltanto un diplomificio”