
Nelle tante manifestazioni che hanno riempito le piazze sabato scorso, nel giorno della Festa della Donna, non abbiamo visto solo mimose e fiori, striscioni e girotondi, come avrebbe dovuto essere. I soliti facinorosi si sono infiltrati nei cortei, che avrebbero dovuto inneggiare alla pace, alla libertà, all’uguaglianza di genere, e li hanno trasformati in becere proteste, che nulla hanno a che vedere con le rivendicazioni delle donne. Prendiamo, ad esempio, quanto successo a Roma, in via Trastevere, davanti al Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Giovani che schiumavano di rabbia hanno inveito contro il Ministro Giuseppe Valditara, come fosse il nemico da combattere, un demonio da maledire.
Slogan, urlati a gran voce, con parole violente e folli, in un sabato che avrebbe dovuto essere dedicato alle donne, a celebrare le loro conquiste, tra mille auspici di un futuro ancora migliore.
Non è stato così. “Maledetto”, c’era scritto su uno striscione indirizzato al Ministro Valditara e innalzato con fierezza da alcuni manifestanti. C’è da domandarsi chi siano quei ragazzi che hanno preparato quello striscione, dove abbiano studiato, in che scuola, in che aula, con quali docenti e con quali compagni. E, soprattutto, c’è da chiedersi: perché tanto odio e tanta rabbia contro l’istituzione che li ha cresciuti e formati?
Fortunatamente, non tutti i ragazzi sono così. Ci sono anche quelli che siedono nei consigli di classe e nei consigli d’istituto, nei comitati di valutazione e nelle consulte provinciali, o nel Consiglio Nazionale dei Presidenti di Consulta.
I nuovi eletti, componenti del Coordinamento Nazionale dei Presidenti delle Consulte, sono stati ricevuti al MIM, in via Trastevere, lo scorso 6 marzo, quindi pochi giorni prima della manifestazione. Si sono confrontati proprio con il Ministro Valditara e gli hanno portato le loro proposte, le loro idee. Ma il confronto istituzionale fa poca notizia, perché il bosco che cresce non fa mai rumore.
Ivana Londero