
Il pedagogista e scrittore Daniele Novara non usa mezzi termini: “Un bambino che sbaglia non va rimproverato. Si va a scuola per imparare, ma come si fa a imparare se non si fanno degli errori? E’ incredibile che nel Paese di Maria Montessori ci sia ancora tanta ignoranza pedagogica”, questo il suo commento, a Il Corriere della Sera, al caso della maestra di Treviso che ha scritto ad un alunno “per me puoi anche stare a casa”.
Novara contro il ritorno alla scuola del passato
“Se la scuola italiana oggi è una scuola per pigri – e lo è – non è perché è troppo moderna, ma al contrario perché è ancora basata sul vecchio modello della lezione frontale, che fa lavorare soprattutto gli insegnanti, mentre gli alunni possono tranquillamente mettersi in modalità ‘sguardo catatonico’. Non è vero che la scuola tradizionale, nozionistica, è più esigente. Semmai è molto ripetitiva e prevedibile: basta mandare tutto a memoria. Se c’è una scuola, invece, in cui gli alunni non smettono mai di lavorare è quella montessoriana, incentrata sui laboratori e sulla ricerca attiva”, ha aggiunto.
Per Novara non bisogna tornare alla scuola del passato: “Della scuola del passato rimpiango una cosa sola: la calligrafia. Io sono contrarissimo all’uso non solo dei telefonini, ma anche del tablet, perché da pedagogista ho ben chiara l’importanza della scrittura manuale nello sviluppo cognitivo dei bambini. Ma per il resto, per carità. Quella era una scuola che funzionava come un tribunale: l’alunno non era lì per imparare, ma per essere raddrizzato. Il senso del rispetto per l’autorità è molto calato negli ultimi anni, ma non è un problema solo della scuola: vengono aggrediti anche i medici e gli infermieri. Siamo di fronte a un fenomeno collettivo, che riguarda gli adulti prima dei ragazzi. Sono i danni di una società che ha subito una involuzione narcisistica. Se penso che i miei interessi personali prevalgano su tutto, non sono più disposto a riconoscere nessuna autorità”.
Crepet: stop ai genitori sindacalisti dei figli, Novara non è d’accordo
Poi, ecco una riflessione sui genitori: “Oggi i papà vogliono fare gli amici, i compagni di giochi, ma questo tipo di rapporto non prelude certo alla formazione del senso dell’autorità. Più che autorevoli, sono servizievoli. A otto anni ancora versano l’acqua nel bicchiere ai figli. C’è chi li fa dormire nel lettone fino a 12 anni. C’è troppa intimità, si è persa la giusta distanza. A volte però anche gli insegnanti si comportano in modo molto confidenziale con gli alunni, salvo poi ricordarsi che hanno uno strumento di morte come il voto per vendicarsi”.
Novara la pensa in modo opposto a Crepet, che invoca lo stop ai “genitori sindacalisti dei figli: “I genitori non vanno colpevolizzati, vanno aiutati. Se non aiuti i genitori, non aiuti i figli. Io penso che gli insegnanti debbano aiutare i genitori a fare in modo che il loro figlio arrivi a scuola nella condizione giusta per poter imparare. Oggi gli adulti non sanno più nemmeno quante ore di sonno servono a un bambino. Pensano che sia normale stare svegli fino alle undici di sera. La scuola da questo punto di vista può fare moltissimo, spiegando alle famiglie alcuni principi pedagogici di base: il tempo-sonno, l’importanza di una buona colazione, la riduzione dell’esposizione ai videoschermi. Non si tratta di andare alla ricerca del genitore sbagliato, perché in un certo senso lo sono tutti: si tratta di compiere un’azione pedagogica sui genitori in generale.
“Sarebbe anche molto utile evitare il registro elettronico: con il registro elettronico è come se i genitori andassero a scuola con i figli. La prima cosa che fanno al mattino è entrare a guardare i voti. Non va bene: così sono troppo coinvolti”, ha concluso.