
Continuano a fare scalpore le parole di una docente che ha scritto, come correzione di un compito di un alunno di una scuola primaria trevigiana, “per me puoi anche stare a casa”. I genitori del piccolo hanno denunciato una situazione, a loro dire, di continue mortificazioni.
Lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha commentato la situazione, in una intervista a Il Corriere della Sera. “Premesso che non voglio commentare il caso singolo, sono terrorizzato dai genitori invadenti. La scuola è un luogo dove anche in quinta elementare un bambino deve avere la possibilità di esprimersi. I genitori, tranne in alcuni casi, dovrebbero stare al loro posto. Ma non per principio, non senza una ragione. Più che altro perché è educativo per i propri figli stare al proprio posto”.
“Significa fare il bene dei propri figli. Questo permette ai ragazzini di rafforzarsi, anche nella difesa dei propri diritti. Se c’è sempre il ‘sindacalista’ che combatte per loro non svilupperanno mai la capacità di farlo da soli. Io credo che la scuola sia un’agenzia educativa in cui interagiscono gli insegnanti, gli educatori a vario titolo, bambini e bambine, ragazzini e ragazzine. Punto. Certo, in casi estremi i genitori intervengono. Ma è corretto che i bambini imparino a gestire la situazione a scuola”, ha aggiunto.
Cosa dovrebbe fare la scuola?
Cosa dovrebbe fare la scuola? Senza “punizioni” se ne perde il senso? “Se un’insegnante dà una nota o chiede ad uno studente di fare compiti in più non sta facendo niente di eccessivo. Stare seduti alla ricreazione, stare fuori dall’aula. A volte da più grandi si deve pure studiare d’estate perché si viene rimandati. E non mi pare sia mai morto nessuno. Mi dicano i pediatri o i genitori cosa dovrebbe fare una scuola se anche le punizioni dei compiti in più o dello star seduti durante la ricreazione diventano problematici. Deve star zitta? Se chi viene punito viene subito difeso le punizioni perdono di importanza. Poi, per carità, ci sono livelli e livelli”, queste le sue parole.
“La scuola deve essere esigente sennò non è scuola. Se le elementari non sono esigenti, le medie non sono esigenti, le superiori non sono esigenti tanto vale non andare a scuola. Ovviamente la rigidità non va bene tout court. Più sei rigido nella richiesta dei diritti ma anche nell’abolizione dei doveri più perdi il contatto con la realtà. Se i ragazzini non imparano a gestire la frustrazione poi diventa davvero problematico. Se i genitori mettendosi in mezzo lo spingono a disinserire dalla marcia della crescita l’autostima fanno danni. E quel bambino sarà il primo che entrerà in panico di fronte alle difficoltà quando ad esempio crescendo troverà una morosa che lo lascerà. La frustrazione diventa deleteria se non viene concepita come parte della crescita. Si diventa emotivamente incapaci di reagire alle frustrazioni anche da adulti”, ha concluso.
Il caso
Tutto è nato da un errore grammaticale in una verifica: la maestra ha scritto sul quaderno dell’alunno una nota severa – “puoi anche stare a casa” – che ha indignato i genitori.
Mamma e papà del bambino in questione parlano, come riporta Il Corriere della Sera, di “metodi disciplinari severi e punitivi che hanno generato grave disagio in nostro figlio”. Secondo loro non si tratta di un caso isolato, inoltre.
La mamma, per provare a gestire la situazione di difficoltà di suo figlio si è recata dai Carabinieri. Non ne ha solo parlato in famiglia, dunque, non ha solo cercato di risolvere la tensione, ma presa dallo sconforto ha cercato anche le forze dell’ordine. “La sera del 12 maggio 2025 – scrive la donna – mi sono recata personalmente alla stazione dei Carabinieri per un colloquio informativo e per chiedere un consiglio sul percorso più idoneo per far sì che mio figlio potesse tornare serenamente in classe senza timori”.
La testimonianza
I due parlano del bimbo come “sempre più scosso e terrorizzato dall’andare a scuola per l’atteggiamento discriminatorio e punitivo della maestra”. “Ciò che va avanti da troppo tempo è il profondo disagio psicosomatico vissuto da nostro figlio – dicono i genitori – episodi ricorrenti di vomito, diarrea e mal di stomaco prima di andare a scuola, sintomi che, secondo il parere della pediatra, indicano un evidente disagio emotivo legato all’ambiente scolastico. Tant’è che la stessa pediatra ci ha suggerito un percorso di supporto in un centro per l’età evolutiva, volto a offrire al bambino uno spazio di ascolto e terapia di dialogo per alleviare il suo malessere. A tale scopo abbiamo già calendarizzato delle visite programmate di colloqui psicoterapici per ristabilire sicurezza nell’autostima, fiducia nell’insegnamento, con test per DSA”.
“Nostro figlio è un ragazzino di quasi undici anni, intelligente e vivace, con molte passioni, tra cui la musica e il calcio: nel tempo libero suona la batteria – scrivono i genitori -. Negli ultimi mesi, però, abbiamo assistito a un progressivo aumento della sua ansia e della sua paura, alimentate dagli atteggiamenti vessatori della docente, che lo ha ripetutamente minacciato di escluderlo dalla gita scolastica e dal saggio di fine anno. Alla luce del regolamento dell’istituto, non ci risulta, però, che simili misure punitive siano previste, tantomeno giustificate da semplici errori scolastici come scrivere le iniziali di due città in minuscolo anziché in maiuscolo. La situazione è diventata per noi inaccettabile quando, oltre a leggere l’ennesima nota scritta in modo inappropriato, abbiamo appreso da diverse testimonianze di altri bambini, che nostro figlio era stato costretto a rimanere in piedi fuori dall’aula per due ore consecutive durante la lezione, appoggiato al muro, subendo un’umiliazione inaccettabile. Di fronte a questi fatti di reiterata mortificazione verso nostro figlio e che ci hanno seriamente preoccupato per l’andamento della sua salute, abbiamo scelto di intervenire con determinazione come genitori, anche in forza del fatto che le nostre istanze erano state, in più occasioni, minimizzate durante il colloquio avuto con la dirigenza dell’istituto. Siamo pertanto delusi da un’istituzione che dovrebbe essere luogo di crescita, accoglienza, rispetto e stabilire alleanze con la famiglia”.