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Nuove Graduatorie provinciali, gli studenti universitari diventano supplenti ufficiali. I contrari: così si dequalifica l’insegnamento

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Sta determinando reazioni avverse la decisione del ministero dell’Istruzione di dare ai laureandi in Scienze della formazione primaria la possibilità di effettuare supplenze nella scuola primaria e dell’infanzia attraverso le nuove Graduatorie provinciali per le supplenze. Tra le novità importanti previste dal regolamento in via di definizione, c’è anche quella di comprendere una seconda fascia dove entreranno gli studenti universitari di Scienze della formazione primaria, a patto che abbiamo acquisito – entro il termine di presentazione dell’istanza – almeno 150 crediti formativi su 300 (al terzo anno di corso), 200 Cfu (al quarto anno) e 250 Cfu (al quinto anno).

L’approvazione della Cisl

Su questo modello si è espressa positivamente Maddalena Gissi, leader della Cisl Scuola, sostenendo che “nessuno mette in discussione il principio per cui solo il possesso del prescritto titolo di studio può consentire l’accesso stabile all’insegnamento: ma nel caso in questione si gestisce una situazione di emergenza, tant’è che i laureandi non entrerebbero a far parte delle normali graduatorie, ma di una fascia distinta e aggiuntiva, utilizzabile solo ed esclusivamente in subordine a quelle, quando non sia più possibile attingervi per mancanza di aspiranti”.

Il no motivato del Cspi

Più di qualche perplessità è stata invece espressa dal Consiglio superiore della pubblica istruzione, presieduto da Francesco Scrima, ex segretario generale Cisl: il Cspi, “pur riconoscendo la fase di emergenza straordinaria” ha detto di ritenere “opportuno che si predisponga, in via temporanea, un elenco graduato provinciale distinto dal resto delle graduatorie che debbono restare riservate agli aspiranti che sono in possesso del titolo di studio. In tale elenco comunque sarebbe opportuno inserire gli studenti del V anno, in possesso di un numero di crediti formativi non inferiore a 240”. Quindi, per il Cspi si dovrebbero introdurre nelle nuove Gps solo i laureandi.

Perché non pure i diplomati?

C’è anche chi ironizza sul fatto che a questo punto potrebbero essere inclusi anche i diplomati più bravi di scuola secondaria superiore.

Dagli stessi ambienti universitari sarebbe trapelato qualche dubbio, perché l’accreditamento a svolgere le supplenze già dal terzo anno di corso, quindi anche ad uno studente di 21 anni a metà percorso accademico, disincentiverebbe il raggiungimento a conseguire la laurea in tempi regolari e quindi l’aumento degli studenti fuori corso.

 

La preoccupazione dei geografi

Riccardo Morri, presidente nazionale dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (Aiig) ha scritto una lettera alla ministra Lucia Azzolina, esprimendo “la più viva preoccupazione” perchè “un simile provvedimento implica una grave dequalificazione generale della formazione universitaria e della professionalità dell’insegnante, dando la possibilità di arruolare come docenti per supplenze più o meno lunghe studenti ancora in fase di formazione e che non hanno ancora affrontato i tirocini del IV e V anno (circa 400 ore in totale), veri e propri “banchi di prova” per chi aspira a lavorare nel mondo scolastico, o sostenuto esami qualificanti coerenti con gli insegnamenti previsti dalle Indicazioni Nazionali”.

“Sul fronte accademico – continua Morri -, la stessa tenuta del CLMCU in Scienze della Formazione Primaria sarà messa a dura prova in alcune regioni, con numerosi studenti degli ultimi anni in servizio a scuola e, simmetricamente, i corsi universitari molto meno frequentati, nella già difficile congiuntura della ripartenza post-Covid19”.

“Nel caso particolare della geografia, presente con un solo corso obbligatorio entro il piano di studi di Scienze della Formazione Primaria, qualora tale insegnamento fosse stato previsto negli ultimi anni del Corso di Laurea si giungerebbe a un vero e proprio paradosso: studenti, contrattualizzati dallo Stato come docenti a tempo determinato, che andrebbero a insegnare geografia nelle scuole primarie italiane senza averne ancora sostenuto un solo esame universitario. Tutto questo significa una svalutazione del sistema formativo universitario e scolastico e della cultura tutta, compresa quella geografica”, conclude Morri.