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Obbligo scolastico a 16 anni: ma il dibattito ci sarà?

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L’elevamento dell’obbligo scolastico a 16 anni è certamente una delle misure più significative contenute nella legge finanziaria per il 2007 predisposta dal Governo.
Per capirne a fondo le implicazioni e la reale fattibilità sarà necessaria una accurata lettura del testo di legge, anche se già da ora si possono fare alcune osservazioni.
La questione più delicata sembra legata al fatto che, di qui in avanti, coesisteranno le norme della legge 53 (e del decreto legislativo 226 in particolare) con quelle contenute nell’articolo 68 della legge di bilancio.
Il principio del diritto-dovere di istruzione-formazione previsto dalle norme  volute dal precedente Governo non viene messo in discussione ma semplicemente “corretto” ovvero “integrato” dall’obbligo scolastico per 10 anni.
Al termine di questo periodo di studio, dice la legge finanziaria, i ragazzi dovranno possedere saperi e competenze previsti dai primi due anni della scuola secondaria superiore; anzi, per essere precisi, saperi e competenze saranno definiti con apposito decreto del Ministro della Pubblica Istruzione.
Questo significa che il tanto auspicato dibattito nelle scuole di fatto non ci sarà, anzi non ci sarà neppure un passaggio in Parlamento dal momento che il decreto non dovrà acquisire nessun parere da parte delle commissioni parlamentari.
E neppure le Regioni avranno la possibilità di dire la loro, dal momento che non si prevede l’acquisizione di un parere della Conferenza unificata.
Ministero e Regioni dovranno invece concordare percorsi e progetti finalizzati alla prevenzione della dispersione scolastica che, per quanto se ne può capire ora, potrebbero essere destinati a quegli studenti che iniziano il percorso di studio nella scuola superiore senza però riuscire a conseguire risultati apprezzabili.
Il rischio è che, eliminata sulla carta l’ipotesi del “doppio canale”, i percorsi di formazione professionale si limitino di fatto ad accogliere gli studenti “espulsi” dal sistema di istruzione.
Ma l’aspetto più inquietante dell’intera operazione riguarda lo strumento scelto per decidere su una questione così importante come quella dell’obbligo scolastico: dopo aver tuonato per anni contro il Ministro Moratti, che aveva realizzato la propria riforma usando una legge-delega, ora la nuova maggioranza introduce una riforma ordinamentale ricorrendo ad una legge sulla quale di fatto non ci sarà neppure dibattito parlamentare; è quasi certo, infatti, che la legge finanziaria verrà approvata con il voto di fiducia.