Home Alunni Ocse: i compiti a casa non garantiscono il rendimento

Ocse: i compiti a casa non garantiscono il rendimento

CONDIVIDI

A sostenere questa pozione, scrive Il Sole 24 Ore, è Francesca Borgonovi, analista Ocse, per la quale inoltre “gli adolescenti italiani tendono a essere poco motivati, a vedere la scuola in maniera distante e slegata dalle esigenze che loro stessi e le loro famiglie hanno nella vita di tutti i giorni. I ragazzi, ma anche molti genitori, non vedono l’utilità della scuola come strumento di mobilità sociale e di successo nel mondo del lavoro, mentre molti insegnanti sono scoraggiati e frustrati per le poche opportunità di sviluppo professionale, e le continue riforme mancano di una visione organica e di lungo termine che dia modo al sistema scolastico di essere promotore invece che di subire mutamenti economici e sociali.”

Per quanto riguarda i compiti a casa l’esperta dice: “I compiti, come momento di riflessione e studio individuale, hanno un ruolo importante nel promuovere l’autonomia dei ragazzi, la loro capacità di organizzare il proprio tempo, e apprendere un metodo di studio, ma quasi 9 ore contro una media Ocse di circa 5” è troppo e nonostante ciò “ottengono risultati scolastici sotto la media degli altri paesi Ocse”.

“Paragonando le prestazioni medie dei paesi partecipanti e le ore trascorse dai ragazzi, fino a 4 ore di compiti a casa si hanno conseguenze positive sulla prestazione generale. Dopo le 4 ore, non vi è aggiunta di effetti significativamente favorevoli.”

“Molti ragazzi che provengono da contesti socio-economici svantaggiati sono sfavoriti, perché per loro è più complesso trovare supporto in seno alla famiglia. E qui la scuola può intervenire e aiutare questi ragazzi, fornendo sostegno dopo le ore scolastiche, anche se questo richiederebbe uno sforzo organizzativo e finanziario importante per garantire un servizio adeguato.”

Sulla matematica invece, che affligge il 30% dei quindicenni Ocse e il 43% degli adolescenti italiani, e che “genera alti livelli di stress e ansia” occorre puntare di più, mentre per quanto  riguarda l’alternanza scuola-lavoro: “E’ un’iniziativa a mio avviso molto interessante per rafforzare il sistema scolastico, in vista di sbocchi sia professionali che di istruzione terziaria”.

 “Paesi come la Polonia, la Svizzera o paesi asiatici come Singapore possono fornire molti spunti interessanti di riflessione. Allo stesso tempo esistono esperienze assai positive anche nel contesto italiano, spesso legate a figure di forte leadership di alcuni insegnanti e dirigenti scolastici, di forte integrazione tra scuole specifiche, la società civile e le realtà imprenditoriali presenti sul territorio”.