Home Archivio storico 1998-2013 Università e Ricerca “Pacta servanda sunt”, scandalo all’Università di Messina: concorso per ricercatore truccato

“Pacta servanda sunt”, scandalo all’Università di Messina: concorso per ricercatore truccato

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Chi pensa che la piaga dei concorsi pilotati nelle amministrazioni pubbliche sia superata è servito. Il 30 settembre la Guardia di Finanza ha arrestato a Messina due docenti dell’Università accusati di ”aver gravemente inquinato” un concorso per ricercatore in Microbiologia e Microbiologia Chimica, allo scopo di pilotarne l’esito. L’operazione, ribattezzata “Pacta servanda sunt”, è il risultato di indagini durate diversi mesi che hanno messo in luce ”un vero e proprio sistema deviato delle procedure concorsuali che regolano l’accesso al mondo accademico”.
I due docenti arrestati sono il direttore del dipartimento di Farmacia dell’Università di Messina Giuseppe Bisignano, 63, e il professore ordinario di Microbiologia e Microbiologia Clinica Giuseppe Teti, 61 anni. Avrebbero inquinato un concorso per ricercatore in Microbiologia e Microbiologia Chimica all’ateneo per far vincere il figlio di Bisignano. Sono accusati a vario titolo di peculato, concussione, abuso d’ufficio e falso. Indagate anche altre cinque persone tra cui l’ex rettore Francesco Tomasello, la sua delegata per comporre la commissione Maria Chiara Aversa, un docente di Camerino Sandro Ripa, uno professore di Catania Giuseppe Nicoletti, il gestore dell’economato del dipartimento di Farmacia Cesare Grillo. Tomasello avrebbe favorito con Aversa la formazione della commissione per favorire il figlio di Bisignano. Nicoletti, Ripa e Bisignano avrebbero influenzato la commissione della quale ha fatto parte Teti.
Al concorso si presentarono, oltre al figlio di Bisignano, anche altri concorrenti: uno aveva dei titoli superiori agli altri e i docenti indagati gli avrebbero chiesto di ritirarsi e lui avrebbe acconsentito dopo aver avuto rassicurazioni sulla possibilità di un altro posto per lui e un suo parente.
In base a quanto emerso dalle indagini, il piano sarebbe potuto saltare perché un altro candidato aveva raggiunto un punteggio più alto di quello che secondo i docenti coinvolti dovevo vincere il concorso. Con la frase “Pacta servanda sunt”, i patti vanno rispettati, in un’intercettazione telefonica i due arrestati avrebbero concordato sulla necessità che il candidato col punteggio più alto avrebbero dovuto attendere il suo turno, ovvero ritirarsi, dietro la promessa di una sua successiva sistemazione in altra procedura concorsuale sempre per ricercatore (anche per un suo conoscente).

Secondo i finanzieri non vi sono quindi dubbi: ”sia la commissione giudicatrice, che il vincitore del concorso, venivano stabiliti a monte dagli arrestati, con la collaborazione dei loro colleghi”.