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Partigiani scuola pubblica: revisione radicale della 107, dirigenti sottopagati

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La pausa estiva non ferma i Partigiani della Scuola Pubblica che, anche nella giornata estiva, colgono l’occasione per ribadire le proprie critiche sulla legge 107.

Nel mirino dei Partigiani c’è la discussa alternanza scuola lavoro che avrebbesottratto numerose ore ai  curricoli disciplinari tradizionali nella maggior parte dei casi senza restituire vera formazione”.
“Ogni giorno – scrivono i Partigiani – assistiamo a segnalazioni di esperienze di sfruttamento, di scarsissimo impatto formativo e oggi finanche di molestie sessuali”.

Anche l’Invalsi resta un “nemico da combattere”?
L’analisi sul punto è un po’ sbrigativa ma efficace:  “Come si inquadra questo spettrale carrozzone che ci costa 14 milioni di euro all’anno per attestare un apprendimento scollato completamente dai tempi e dalle metodologie didattiche utili a far maturare una coscienza critica?  Con la delega sugli esami di Stato è prevista l’esclusione dall’esame per quanti non abbiano a suo tempo sostenuto il Test, non anonimo, ma identificabile. Insomma gli studenti devono dimostrare di essere bravi sudditi e gli insegnanti bravi formatori di sudditi”.

 

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Le motivazioni della chiamata diretta andrebbero poi ricercate anche nel tentativo di sostenere l’attività di formazione promossa dalle Università:  “Per insegnare in ogni scuola c’è una richiesta di formazione specifica che costa agli aspiranti dai 5 agli 8.000 euro. Ecco come si alimenta la formazione privata: ormai le scuole sono diventate una occasione di business per privati e sindacati (ai quali è stata così tappata la bocca) che formano gli insegnanti e una partita di giro per consentire al MIUR di mantenere con gli stessi miseri stipendi dei docenti anche le università”.

Il comunicato contiene però due novità di non poco conto che non possono passare inosservate a chi segue da tempo il dibattito politico e sindacale sulla “Buona Scuola”.
I Partigiani chiamano infatti in causa di dirigenti scolastici non per definirli “presidi sceriffo” ma per dire che con la legge 107 “vengono costretti ad insostenibili carichi burocratici e di responsabilità senza corrispettivo economico, perché la scuola possa apparire buona senza esserlo”.
Tanto che “anche loro sono ormai al tracollo e sul piede di guerra. Quest’anno molti dirigenti infatti rinunceranno alla chiamata diretta per attendere le assegnazioni dell’ATP. I 426 firmatari della protesta non saranno i soli: molti altri dirigenti che non lo hanno dichiarato lo faranno di propria iniziativa”.

 

Vanno anche sottolineate le ultime righe del comunicato: “I Partigiani della Scuola Pubblica oggi sono tra i più accesi e attivi promotori di una revisione radicale dell’impianto scolastico della Buona Scuola attraverso le forze politiche  disponibili a condurre questa fondamentale battaglia per i diritti costituzionalmente sanciti e per un reale progresso civile ed umano del nostro Paese”.

E’ difficile dire se questa dichiarazione possa essere letto come un segni del cambio di rotta dell’intero movimento anti-107 che ha sempre parlato di legge inemendabile e da abrogare in toto. 
Per capirlo meglio bisognerà forse aspettare di essere entrati in pieno nella bagarre della campagna elettorale.