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Partono i corsi di specializzazione, per gli atenei è un vero business

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Almeno 20 milioni di euro starebbero per essere versati nelle casse degli atenei italiani incaricati dello svolgimento dei corsi di specializzazione rivolti a 6.398 già abilitati. Il calcolo è stato fatto dall’Anief, dopo che alcuni atenei, come l’Università della Calabria e l’Università Carlo Bo di Urbino hanno pubblicato il bando di concorso comprendente i costi per la frequenza, pari rispettivamente a 2.700 e 2.800 euro. Il sacrificio chiesto ai futuri docenti di sostegno permetterà di far incassare agli atenei, ha stimato l’associazione sindacale, una cifra vicina ai 18 milioni di euro. A cui vanno aggiunti almeno altri 3 milioni derivanti dal “contributo” richiesto ai 20mila candidati (a tenersi “bassi”, stimando il triplo dei candidati rispetto ai posti messi a concorso) che tenteranno di accedere ai corsi attraverso i test e le prove preselettive: ad ogni aspirante alla frequenza del corso di sostegno, ricorda sempre il sindacato autonomo, viene chiesta una quota di partecipazione che va tra i 110 e i 200 euro. “Anche in questo caso – scrive l’Anief – si tratta di cifre sproporzionate. Oltre che immotivate, che tra l’altro le stesse università specificano nei bandi di concorso di ‘non restituire in alcun caso’”.
“Ancora una volta i docenti della scuola diventano strumento per fare business a vantaggio dell’amministrazione organizzatrice: invece di mettere nelle condizioni migliori i tanti docenti già abilitati che nell’anno accademico 2013/14 stanno scegliendo di specializzarsi nel delicato ruolo di sostegno agli alunni disabili e con limiti di apprendimento, si costringono a pagare cifre irragionevoli”.
Si tratta di importi notevoli, addirittura superiori a quelli già chiesti ai docenti precari per abilitarsi attraverso i Tfa ordinari: nel 2012 sempre la Carlo Bo di Urbino chiedeva, a tale scopo, 300 euro in meno, 2.500 euro contro gli attuali 2.800 euro. Una cifra spropositata. Che non può essere giustificata, come indicato nei bandi, dalla presenza della tassa regionale per il diritto allo studio, dal libretto, dall’assicurazione, dalla marca da bollo e dal contributo per svolgere i tirocini.
Guarda caso – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – questa decisione di trasformare in ‘bancomat’ i futuri docenti di sostegno dei nostri alunni con bisogni speciali, si materializza giusto qualche settimana dopo il varo da parte del Governo del massiccio piano di assunzioni in ruolo di questa tipologia di insegnanti: nel prossimo triennio, infatti, sono previste 27mila collocazioni degli attuali posti di sostegno in deroga nell’organico di diritto. Con la successiva stabilizzazione di buona parte del personale specializzato che vi farà parte”.
Davanti ad una prospettiva del genere, le università hanno pensato bene di alzare il tiro delle richieste: a fronte della possibilità di essere assunti dallo Stato, è il ragionamento evidentemente fatto degli atenei, i candidati possono anche affrontare spese extra. È tutto dire che la tassa per tentare i test di accesso in alcuni casi sia quasi raddoppiata rispetto a quella di un anno fa per i Tfa ordinari.
Ma forse non ci si è resi conto – continua Pacifico – che per partecipare alle selezioni per diventare insegnante di sostegno le università stanno ormai chiedendo ai candidati fino a quattro volte di quanto si chiede per diventare oggi magistrati, avvocati o notai: tutte professioni, peraltro, non certo scevre dal business legato sempre all’accesso. Ma evidentemente si sta perdendo ogni logica. Basta dire che solo alcuni giorni fa la VII Commissione della Camera, relatore Giancarlo Galan (PdL), grazie ad una maggioranza trasversale ha approvato un emendamento che permette di far insegnare sostegno a docenti non specializzati, ma in possesso del solo master o del perfezionamento in pedagogia speciale: potranno vedersi attribuito l’incarico annuale tramite graduatorie di istituto, senza aver mai svolto quel corso specifico che nelle prossime settimane partirà per i 6.400 ‘fortunati’ usati come foraggiatori del sistema”.