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Pensioni, sempre più basse sempre più lontane

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Quello delle pensioni, assieme al blocco degli stipendi degli statali, continua ad essere il leit motive degli ultimi anni. Stavolta a rianimarlo, sono stati alcune notizie pervenute negli ultimi giorni: la prima è stata resa pubblica dell’Inps, che ha comunicato i dati relativi alle pensioni vigenti al primo gennaio 2015 e liquidate nel 2014: ebbene, il 64,3% delle pensioni degli italiani hanno un importo inferiore a 750 euro. Non è un dato completo, intendiamoci, perché non sono pochi i beneficiari di più pensioni. Ma i numeri emessi dall’Inps sono sufficientemente significativi per comprendere il ridimensionamento complessivo che le pensioni hanno subìto nell’ultimo periodo.

Un’altra notizia di rilievo sul tema riguarda la sentenza della Corte Costituzionale, secondo cui per il 2012 e 2013, non sarebbe stato giustificato, anche se in presenza della “contingente situazione finanziaria”, applicare sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo Inps il blocco della perequazione: quel meccanismo è incostituzionale, ha detto la Consulta, bocciando quindi l’articolo 24 del decreto legge 201/2011. “L’interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”, si legge nella sentenza 70 della Consulta. Oltre che a dare ragione ai ricorrenti, la sentenza rischia ora di mettere in seria crisi le casse statali: per l’Avvocatura dello Stato, sarebbe di circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013 il computo di soldi sottratti ai pensionati.

Intanto, ed ecco la terza notizia, dal primo maggio, una prima fetta di lavoratori italiani ha la possibilità di ottenere gratuitamente e on line il computo del loro futuro assegno pensionistico: possono conoscere, in pratica, l‘entità della pensione maturata e gli anni di contributi ancora da versare per il raggiungimento dei requisiti minimi di accesso. Grazie al simulatore digitale interattivo messo a disposizione dall’Istituto nazionale di previdenza sociale, in questa prima fase potranno accedere al servizio, connettendosi al sito www.inps.it (link ‘La mia pensione’), solo i dipendenti con meno di 40 anni, già in possesso del pin Inps (richiesto sempre al portale dell’ente, che ne rilascia una prima parte subito e la rimanente via e-mail) e che abbiano versato almeno 5 anni di contributi.

Da giugno, si darà accesso agli under 50. L’obiettivo dell’Inps, scrive il Corriere della Sera, è “rendere possibile la simulazione della pensione a quasi 18 milioni di lavoratori dipendenti, artigiani, commercianti e parasubordinati. Nel 2016 l’operazione verrà estesa prima ai lavoratori domestici e a quelli agricoli e infine ai dipendenti pubblici. Al termine del 2016 il simulatore andrà a regime e sarà accessibile da tutta la platea degli iscritti all’Inps, circa 23 milioni e mezzo di lavoratori”. Il sistema di calcolo permetterà al lavoratore, attraverso pochi passaggi, di individuare il proprio conto contributivo e “verificare se ci siano anomalie ed errori e segnalarli”.

“Purtroppo – scrive l’Anief – , per moltissimi dipendenti, in particolare i più giovani e coloro che non possono vantare un altissimo numero di anni utili, il risultato del simulatore si rivelerà a dir poco traumatico: anche se le “stime vengono elaborate in moneta costante ipotizzando lo scenario base, cioè un aumento della retribuzione dell’1,5% l’anno e così del Pil”, potranno appurare che l’importo che percepiranno una volta raggiunta la pensione non sarà molto più alto dell’attuale assegno sociale. E anche per chi lascerà il servizio con 40 anni di lavoro non andrà molto meglio: nella maggioranza dei casi, andrà in pensione con la metà e anche meno dell’ultimo stipendio”.

“Il loro assegno di quiescenza – continua il sindacato di origine siciliana – non avrà nulla a che vedere con l’ultimo stipendio, come invece accadeva con il sistema retributivo. Ecco un esempio pratico: chi è nato nel 1990 e inizia a lavorare ora, potrebbe andare in pensione, dopo i 70 anni, con appena 400-500 euro (33% dell’ultimo stipendio). La beffa è dovuta al fatto che il sistema contributivo attuale prevede un’incidenza sull’accontamento previdenziale decisamente più sfavorevole al lavoratore rispetto ai modelli pensionistici precedenti”.

Insomma, le pensioni future sembrano davvero orientate al forte ridimensionamento. Ce ne è abbastanza perché il governo debba aprire “un tavolo di confronto sul tema della previdenza per non doverlo affrontare un pezzo alla volta”: a chiederlo Cesare Damiano (PD), presidente della Commissione Lavoro alla Camera, che ha presentato da diverso tempo un ddl per correggere i tanti limiti inclusi nella riforma Fornero.

 

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“Risulta ormai evidente – dice Damiano – la necessità di una riflessione complessiva sulla previdenza che porti ad una correzione della “riforma” Fornero. I capitoli sui quali intervenire – spiega – sono molteplici: l’introduzione di un criterio di flessibilità che consenta di uscire dal lavoro in modo anticipato; le ricongiunzioni pensionistiche; la “Quota 96” degli insegnanti; una nuova indicizzazione delle pensioni che tenga conto della sentenza della Corte, per citare alcuni temi. La strategia della trasparenza adottata dall’INPS dovrebbe anche prevedere di rispondere a domande rimaste finora inevase: quanti sono gli “esodati” non compresi nei 170 mila lavoratori finora salvaguardati? Quante sono le risorse destinate alla previdenza e quante all’assistenza? Quali sono i fondi in attivo e quali in passivo? Tutti questi interrogativi servono a testimoniare la complessità della situazione. Facciamo tesoro degli errori del recente passato ed evitiamo di procedere a strappi e – auspica Damiano – senza una visione d’insieme”.

 

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